“Una strategia mediocre a breve termine, un’idea non brillante sul lungo periodo”: il giudizio sulle auto a idrogeno di Alex Farrell, docente all’Università della California a Berkeley e David Keith, professore della Carnegie Mellon University, è netto ma argomentato. In un articolo in uscita su Science, i due scienziati partono dalle usuali ragioni a favore di questa tecnologia: la riduzione dell’inquinamento dell’aria, il contenimento dei cambiamenti climatici globali, l’autonomia dalle importazioni di petrolio. Ma i metodi oggi disponibili per produrre idrogeno, da petrolio e carbone, implicano ancora forti emissioni di anidride carbonica. Solo l’energia solare e quella eolica, oltreché il nucleare, non comportano emissioni di gas serra nel processo produttivo, ma i problemi tecnici sono ancora molti. E poi ci sono gli alti costi della costruzione delle infrastrutture necessarie per il trasporto, la conservazione e la distribuzione di un combustibile gassoso. Allora quali sono le alternative? “Si potrebbero aumentare i costi dei carburanti per ridurre i consumi”, spiega Farrell, “le tecnologie per aumentare il rendimento del combustibile sono già disponibili, mancano la volontà politica e gli incentivi economici”. Migliorare la tecnologia dei veicoli attuali e far rispettare i vincoli ambientali esistenti è cento volte più economico dell’introduzione di auto ad idrogeno nel ridurre le emissioni. “L’auto a idrogeno”, conclude Farrell, “raccoglie tanti consensi perché non costringe i cittadini e gli industriali a cambiare le proprie abitudini”. (m.mo.)
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