ResearchKit, con l’iPhone si partecipa alla ricerca

Lunedì scorso, alla presentazione delle ultime novità presentate da Apple a San Francisco, tutti gli occhi erano puntati sull’orologio smart, l’Apple Watch. Ma l’azienda di Cupertino in quell’occasione ha svelato un altro progetto, forse ancora più rivoluzionario: il ResearchKit, un software che gira sia sugli iPhone sia sull’orologio intelligente che permette agli utenti di partecipare direttamente alle sperimentazioni cliniche. Il Kit al momento è formato da 5 app che riguardano Parkinson, diabete, asma, tumore al seno e malattie cardiovascolari. L’idea è mettere in collegamento gli utenti, che possono soffrire di una di queste patologie, e grandi istituzioni scientifiche, che hanno bisogno di dati per condurre studi clinici. Apple ha già coinvolto l’Università di Oxford, l’ospedale Xuanwu di Pechino, la Icahn School of Medicine del Mount Sinai e la facoltà di medicina della Stanford University.

Per adesso le app disponibili raccolgono i dati relativi allo stato di salute degli utenti grazie a un questionario e ad alcuni semplici test, come camminare in una stanza o eseguire un vocalizzo per diversi secondi. Il modello di Apple Watch presentato lunedì permette inoltre di misurare il polso di chi lo indossa. Sarà quindi possibile monitorare il battito cardiaco di milioni di persone contemporaneamente.

Fino a oggi gli studi clinici sono stati condotti su popolazioni selezionate in modo da rendere massima l’evidenza dell’efficacia del farmaco o della terapia che si sta studiando. Nella vita reale, quando cioè il medicinale è in commercio, i pazienti che lo assumono, però, presentano condizioni di salute più complesse, hanno per esempio più di una malattia nello stesso momento. Raccogliere informazioni su come stanno i pazienti nello loro quotidianità è quindi molto importante per valutare meglio l’efficacia e gli effetti collaterali delle terapie. In più, avere una popolazione potenziale così vasta diminuirà anche i costi degli studi.

“Le nostre app consentono già oggi di monitorare alcuni parametri di salute e di migliorarla”, ha dichiarato Jeff Williams, senior vice president of operations di Apple. “Con centinaia di milioni di iPhone in giro per il mondo abbiamo visto l’opportunità per Apple di contribuire in maniera sostanziale all’empowerment delle persone, permettendo loro di partecipare e contribuire alla ricerca medica”.

I ricercatori che aderiranno al progetto potranno chiedere l’accesso alle informazioni registrate da accelerometri, microfoni, giroscopi e sensori Gps inseriti negli smartphone e così avere un’idea precisa delle capacità motorie, verbali e mnemoniche degli utenti. In più, collegandosi ad altri device, l’iPhone potrà ricavare ulteriori dati, come il livello di glucosio nel sangue, o tenere sotto controllo l’uso dell’inalatore per l’asma.

In questo modo, però, lo smartphone o lo smartwatch diventano a tutti gli effetti dei device medicali, e come tali sono sottoposti alle regole che l’Fda, l’agenza regolatoria Usa, ha imposto a costruttori e sviluppatori lo scorso febbraio. E poi Apple dovrà fare i conti anche con la Federal Trade Commission, che sempre a febbraio ha fatto ritirare dal mercato una app che prometteva di diagnosticare il melanoma sulla base della foto del neo che l’utente inviava.

Un altro problema che a Cupertino dovranno affrontare è quello della privacy: l’azienda assicura che le informazioni andranno direttamente agli enti di ricerca che parteciperanno al progetto, ma è evidente che quelle informazioni faranno gola a molti. ResearchKit è open-source, nella speranza che eventuali bug possano essere evidenziati e riparati più velocemente. Infine c’è un ostacolo più sostanziale, l’interoperabilità dei programmi per la sorveglianza dei parametri di salute. Come sottolinea Dan Munro su Forbes, i sistemi Apple sono tradizionalmente non compatibili con gli altri. E questo per i pazienti potrebbe essere davvero un problema.

 

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