La ricerca medica delle nazioni industrializzate non tiene conto dei bisogni dei paesi in via di sviluppo. E spesso agisce in modo non etico. E’ questa la denuncia lanciata, sul British Medical Journal, da Solomon Benatar, del Centro di Bioetica dell’Università di Città del Capo, e Peter A. Singer, del Joint Centre for Bioethics dell’Università di Toronto. Lo “standard di cura” adottato dalla ricerca internazionale, affermano gli studiosi, non è stato definito in maniera adeguata e spesso non va oltre la mera terapia farmacologica. Il modello degli Stati Uniti – dove si spende una cifra pari alla metà degli investimenti mondiali per la salute del 5 per cento della popolazione planetaria – non può rappresentare uno standard soddisfacente, affermano Benatar e Singer. In questo modo, infatti, si concentra il 90 per cento delle risorse economiche su patologie che costituiscono solo il 10 per cento del carico mondiale di malattie. “L’etica della ricerca medica”, concludono i ricercatori, “deve essere più profondamente radicata nel contesto della sanità globale. Dovrebbe infatti contrastare in maniera diretta quelle forze sociali, economiche e politiche che inaspriscono le disuguaglianze in campo sanitario”. (f.n.)
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