Riparte la Big Science

Il 1997 potrebbe segnare la ripresa della big science. Sarà infatti l’anno che vedrà l’avvio di grandi progetti nella fisica delle particelle e in astronomia. Anche se i programmi di ricerca internazionali hanno tempi che oscillano tra i cinque e i dieci anni, il 1997 sarà decisivo per molti esperimenti. “Dall’anno appena cominciato”, dice Luciano Maiani, presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, “mi aspetto una partenza decisa del Large Hadron Collider (Lhc). Una partenza facilitata dalla decisione del Consiglio del Cern (Centro Europeo per la Ricerca Nucleare) di fissare al 2005 il termine ultimo per la costruzione della macchina”. Una volta ultimato, Lhc sarà l’acceleratore più potente di tutto il pianeta e permetterà, questa almeno è la speranza dei fisici, di scoprire gli ultimi segreti della materia. In particolare, darà la caccia al bosone di Higgs, una particella prevista negli anni Sessanta per giustificare la differenza di masse tra le varie particelle.

Per un acceleratore che nel 1997 inizia a essere costruito, ce n’è un altro che entro l’anno sarà ultimato. E’ Dafne, la nuova macchina realizzata dai Laboratori Nazionali di Frascati. Anziché puntare sulla potenza, Dafne batterà ogni record di luminosità. Produrrà cioè un fascio più ricco di particelle e in grado di produrre un maggior numero di reazioni rispetto agli altri acceleratori. La macchina è stata allestita nell’edificio che per anni ha ospitato l’anello di accumulazione Adone. Verrà ultimata in primavera e in autunno potranno cominciare gli esperimenti.

Un altro grande apparato sperimentale nascerà entro l’anno sul territorio italiano. Si tratta di Virgo, l’interferometro laser per la rivelazione e lo studio delle onde gravitazionali. “Nella prossima primavera saranno stati acquistati tutti i terreni su cui l’interferometro verrà edificato”, spiega Maiani. I lavori sono già iniziati e Virgo sarà pronto nel 2001, lo stesso anno in cui vedrà la luce Ligo, l’interferometro americano. Comincerà allora la battuta finale della caccia alle onde gravitazionali, previste dalla Relatività Generale di Einstein ma finora mai osservate.

Nel 1997 ci saranno novità anche sotto il Gran Sasso. Nel cuore della montagna abruzzese partirà la costruzione di Borexino, un rivelatore di neutrini solari che dovrebbe permettere la scoperta della loro oscillazione. Secondo la teoria più accreditata i neutrini, particelle leggerissime e prive di carica, inaspettatamente cambiano aspetto. Questo fenomeno è stato definito “oscillazione dei neutrini”. “Più improbabile”, dice Maiani, “sarà la realizzazione di un esperimento bello quanto costoso: sparare un fascio di neutrini dal Cern di Ginevra sul Gran Sasso per osservare l’oscillazione dei neutrini durante il tragitto dalla Svizzera all’Abruzzo. Attualmente”, continua Maiani, “il Cern non ha i soldi sufficienti per generare questo fascio di neutrini. Spero che i fisici dei neutrini si mobilitino, perché la realizzazione dell’esperimento dipende anche dalla loro determinazione. Comunque sarà proprio durante il 1997 che si decideranno le sorti di questo progetto”.

Al di là dell’oceano non sono previsti grandi esperimenti per l’anno appena iniziato. Le due punte di diamante delle fisica delle alte energie statunitense non saranno infatti disponibili. Il Tevatron, l’acceleratore del Fermilab di Chicago, è in corso di potenziamento, e a Stanford si sta costruendo un nuovo acceleratore lineare, più potente dell’ormai storico Slac. Insomma, durante il 1997 l’unica macchina di alta energia ad essere in funzione sarà la versione aggiornata del Lep di Ginevra. Va però ricordato anche Hera, il collisore elettroni-protoni del laboratorio Desy di Amburgo. Proprio nella città tedesca potrebbero essere individuate le strutture interne dei quark, di cui qualche indizio è stato “visto” l’anno scorso.

La costruzione e l’ammodernamento delle macchine più potenti rallenterà il lavoro dei fisici sperimentali, non certo quello dei teorici. Di recente si sono avuti sviluppi interessanti riguardo alla teoria delle supercorde, che tenta di unificare la gravità e le altre interazioni fondamentali. Questa teoria emerse 4 o 5 anni fa, ma allora si ebbe l’impressione che ci fossero diverse possibili strade da seguire. “Come se”, spiega Maiani, “il Padreterno, all’inizio dei tempi, avesse dovuto scegliere una delle possibili configurazioni dell’Universo”. Ora invece i diversi scenari collegati alle superstringhe sembrano riconducibili a un’unica descrizione dell’Universo. “Nel 1997 si continuerà certamente in questa direzione”, conclude Luciano Maiani.

Anche per chi guarda le stelle il 1997 sarà un anno intenso. “Quella che comincia in questi giorni è una grande fase di costruzione di strumenti e di analisi dei dati” dice Margherita Hack, direttrice dell’Osservatorio Astronomico di Trieste. Si proseguirà nello studio dei dati raccolti da BeppoSax, il satellite italiano attrezzato per le ricerche dei raggi X provenienti dal cosmo. Secondo l’astronoma “Sax sta funzionando molto bene e ora dobbiamo sfruttare adeguatamente le sue osservazioni. Il 21 gennaio prossimo”, continua Margherita Hack, “ci sarà un convegno a Roma, nella sede del Cnr, sui risultati preliminari dei gruppi che stanno analizzando i dati”.

Altri studi saranno condotti a partire dai dati raccolti da Iso (Infrared Space Observatory), uno strumento realizzato dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Iso è in orbita dal dicembre 1995 e ora comincia fornire risultati interessanti. Proseguiranno poi le osservazioni dell’Hubble Space Telescope, il telescopio orbitante che continua a raccogliere immagini delle regioni più lontane dell’universo. Nel 1997 anche gruppi di ricercatori italiani potranno disporre di Hubble per le loro osservazioni, anche se per brevi periodi .

L’anno appena iniziato vedrà anche la messa a punto del telescopio nazionale italiano Galileo, installato alle Canarie. “Il telescopio funziona”, racconta Margherita Hack, “ma vanno realizzati tutti gli strumenti che gli saranno collegati, come per esempio i fotometri. Se ne stanno occupando gli osservatori di Trieste, Padova e Catania”. E certamente si continueranno a studiare gli oggetti astronomici che più hanno catalizzato l’attenzione dei media e degli scienziati nel 1996: i pianeti extrasolari. “I telescopi italiani”, spiega l’astronoma, “non sono abbastanza potenti, e in Italia ci sono pochi gruppi di planetologi. Quindi saranno soprattutto i telescopi dell’Eso (European Southern Observatory) a occuparsene”.

In campo teorico rimangono da affrontare due grandi sfide. Innanzitutto lo studio delle galassie lontane, delle loro proprietà, della loro distribuzione nello spazio. Una distribuzione che appare quasi-regolare. “E questo, per ora, è un vero mistero” dice la Hack. C’è poi il tentativo di ricostruire i primi istanti di vita dell’universo. Anche grazie ai risultati ottenuti dai fisici delle particelle lo scenario è abbastanza chiaro. “Ci sono ormai modelli”, riconosce la studiosa, “che possono spiegare molti aspetti dell’origine dell’universo, modelli che però non vanno confusi con il ‘vero’ universo”.

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