onrovia, Liberia, 1989. Una madre irrompe nella cameretta del figlio di nove anni: « I ribelli hanno occupato l’aeroporto internazionale, prendi le tue cose e andiamo via di qui » . Era l’inizio di una guerra civile che avrebbe provocato oltre 600 mila morti in dieci anni. Fino ad allora quella di Raji Panjabi era stata una infanzia tranquilla. « Giocavo a calcio, mi piaceva la matematica, avevo molti amici. Eppure mio padre, che aveva lasciato l’India per la Liberia negli anni Settanta, mi ripeteva sempre: ricordati, nessuna condizione è per sempre » . Quel giorno vennero portati in un vasto spiazzo all’aperto da dove sarebbe partito un cargo dell’aeronautica militare russa. «Eravamo centinaia, ci disposero lungo due file: ma solo a quella in cui c’ero io fu permesso di lasciare il paese».
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