Salute riproduttiva a rischio

Gli aborti eseguiti in condizioni igieniche precarie contano per il 13 per cento nel triste computo delle madri che muoiono ogni anno nel mondo. Una percentuale molto più alta nei paesi in via di sviluppo, dove l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che il 95 per cento delle interruzioni di gravidanza avvenga in condizioni precarie. Più di 70.000 morti totalmente prevenibili. Un fenomeno che affonda le sue radici nella povertà, nell’iniquità sociale e nella violazione dei diritti fondamentali delle donne. A denunciarlo, insieme alle altre condizioni che minano la salute riproduttiva femminile, è il “World Report on Women’s Health” redatto dalla Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia, presentato in occasione del congresso della Figo tenutosi a Kuala Lumpur dal 5 al 10 novembre scorso.

La salute delle donne è messa a repentaglio anche dalla violenza che ragazze e donne di tutte le classi sociali e paesi del mondo subiscono. Per esempio, si legge nel rapporto pubblicato su un numero monografico di “International Journal of Gynecology & Obstetrics”, la selezione prenatale del sesso; la violenza legata a questioni d’onore e di reputazione; il traffico di donne per lo sfruttamento sessuale; la mutilazione genitale; lo stupro usato come arma durante i conflitti. Azioni che hanno serie conseguenze sulla salute, incluso parti dagli esiti infausti.

Le analisi più recenti indicano che almeno il 50 per cento delle violenze sessuali vengono subite da ragazzine con meno di 15 anni; un dato che potrebbe spiegare l’aumento crescente dell’incidenza dell’infezione da Hiv fra le giovani dai 15 ai 24 anni, la fetta di popolazione attualmente più nutrita fra i sieropositivi.

Un capitolo del rapporto è poi dedicato alla fistula ostetrica, un foro che viene aperto nei tessuti fra utero e vescica, che compromette la gravidanza, fa morire il feto e provoca incontinenza cronica nella donna che ne soffre. Sconosciuta nei paesi occidentali, questa operazione viene eseguita ogni anno su circa due milioni di donne in Africa e Asia per accelerare il travaglio in mancanza di assistenza medica adeguata, ma mettendo a grave a rischio la salute della donna.

“Esiste un chiaro legame fra gli obiettivi sanciti dai Millennium Development Goals, adottati dall’Onu, e la salute riproduttiva e sessuale delle donne”, ha dichiarato Dorothy Shaw, neoeletta presidente della Figo durante la conferenza di presentazione del rapporto. “Le donne non possono contribuire allo sviluppo se il loro diritto alla salute non è tutelato attraverso un accesso sempre crescente a servizi e medicinali”.

Il congresso è stata anche l’occasione per discutere insieme ai delegati di tutto il mondo del vaccino contro l’Hpv, la famiglia di virus che causa il tumore al collo dell’utero. Malattia per cui nel mondo ogni due minuti muore una donna per un totale di 270.000 vittime, soprattutto nei paesi in via di sviluppo la seconda causa di morte. I due vaccini che arriveranno sul mercato colpiscono in particolare il ceppo 16 e il 18 dell’Hpv, i due che, insieme, causano il 70 per cento dei tumori. I risultati portati dalle due case farmaceutiche indicano che dopo cinque anni dall’immunizzazione la copertura è ancora totale.

In Occidente i programmi di screening rappresentano un’efficace prevenzione contro l’insorgere del cancro; il vaccino infatti è profilattico, e non terapeutico, ed è indicato per giovani ancora non sessualmente esposte e quindi sicuramente non infettate da Hiv. Ma nei Pvs garantire a tutte le donne la possibilità di sottoporsi a visite e test ogni due/tre anni è un’impresa al limite del possibile. “In queste realtà sarebbe importante poter fare una vaccinazione di massa in età scolare, quando le ragazzine hanno 12 anni, così come si fa per altri vaccini”, ha affermato Margaret Stanley, del dipartimento di patologia dell’Università di Cambridge, durante una sessione del congresso dedicata proprio a questo argomento.

 

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