Categorie: Società

Salvare i saperi antichi

I babilonesi facevano crescere giardini sui tetti delle case per isolarle dal caldo e raccogliere l’acqua piovana. I nomadi del Sahara scavavano gallerie sotterranee per drenare acqua dalle sorgenti e irrigare i campi coltivati nelle oasi. Da oggi, queste e altre tecniche saranno archiviate dall’Istituto delle Conoscenze Tradizionali, un nuovo organo voluto dall’Unesco per preservare gli antichi saperi in grado di aiutarci a costruire stili di vita più sostenibili e rispettosi dell’ambiente.

L’International Traditional Knowledge Institute (Itki) avrà sede nel Comune toscano di Bagno a Ripoli. Sarà una banca dati della Terra che racchiuderà l’antico patrimonio di conoscenze in materia di architettura, agricoltura, urbanistica e pratiche sociali appartenenti a diversi popoli e culture. L’Istituto nasce, infatti, con l’obiettivo di preservare un prezioso corpo di saperi che rischiava di andare perduto a causa delle migrazioni e dell’abbandono dell’agricoltura a vantaggio del settore industriale o terziario. Basti pensare che solo in Cina, ogni anno, 10 milioni di abitanti lasciano le aree rurali per trasferirsi nelle città.

L’Itki, già adesso, raccoglie innumerevoli tecniche scomparse o desuete in 700 grandi “famiglie tematiche” affinché governi, amministrazioni e cittadini possano consultarle imparando come agire per risparmiare energia, denaro e migliorare la qualità della vita. Prendiamo l’architettura, per esempio. Abbandonare il cemento per tornare a utilizzare materiali tradizionali garantisce una migliore coibentazione degli edifici. È stato calcolato un isolamento termico  degli interni di almeno cinque gradi, che permette di tagliare ogni anno circa due tonnellate di CO2 per raffreddare e riscaldare una casa di medie dimensioni. In agricoltura, invece, l’uso del terrazzamento di pietra al posto delle dighe di cemento per proteggere il suolo dall’erosione permette di abbattere le emissioni di anidride carbonica legate alla produzione e al trasporto del cemento. Per un ettaro di terreno il risparmio è di circa 520 chili di CO2.

“Per conservare un ambiente adatto alla vita dell’essere umano bisogna valorizzare le conoscenze antiche, un patrimonio immateriale e preziosissimo”, afferma il consulente Unesco Pietro Laureano, uno dei fondatori dell’Istituto: “I saperi tradizionali e il loro uso innovativo rappresentano la base per una tecnologia sostenibile, indispensabile per l’elaborazione di un nuovo modello di progresso umano”. (m.s.)
 
Riferimenti: Unesco

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