Sartoria cellulare

Come un sarto estroso che produce molti modelli diversi a partire da uno stesso campione di stoffa, così anche il “taglia e cuci” necessario alla produzione di proteine per l’organismo umano può procedere a volte in direzione non preventivate. Una deriva che è alla base di degenerazioni cellulari che in alcuni casi possono portare alla formazione di tumori. Identificare e studiare la frenetica attività del “sarto” cellulare è il lavoro in cui sono impegnati i ricercatori dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia che presentano ora una nuova scoperta sulle pagine di Molecular Cell: la proteina SF2, una sostanza prodotta nel momento in cui il meccanismo non segue i binari canonici, che altera la morfologia delle cellule e ne stimola la motilità. Le informazioni genetiche contenute nel Dna, per essere tradotte in proteine, devono essere prima trascritte in molecole di Rna messaggero. In che modo? Grazie a un meccanismo biochimico complesso di “taglia e cuci” detto splicing. Il sarto però non lavora sempre nello stesso modo. Anzi, per circa il 70 per cento dei geni umani questa operazione porta alla produzione di più proteine diverse a partire dallo stesso gene, che possono essere anche più di mille. Si parla in questo caso di “splicing alternativo”. I cui effetti sulla cellula e sull’organismo possono essere a volte devastanti. In particolare l’attenzione dei ricercatori si è concentrata sullo splicing alternativo riscontrato nei casi di tumore alla mammella e al colon. “Da tempo siamo impegnati nello studio di questo meccanismo e in particolare ci siamo concentrati sulla splicing alternativo del proto-oncogene Ron”, spiega Giuseppe Biamonti, ricercatore dell’Igm, “un recettore che tra l’altro induce la ‘motilità cellulare’, una proprietà importante sia in processi fisiologici come la risposta alle infezioni, sia nella progressione tumorale”. Ebbene, lo studio condotto ha dimostrato che lo splicing alternativo di questo proto-oncogene è regolato da una proteina, la SF2, che induce la produzione di una variante, detta ?Ron, e si verifica nel 75 per cento dei tumori alla mammella analizzati. Alti livelli di SF2, infatti, alterano la morfologia delle cellule e le inducono a rimanere sempre attive. Essere capaci di muoversi all’interno dell’organismo è per le cellule una caratteristica molto importante: basti pensare a processi come la rimarginazione delle ferite o lo sviluppo degli organi durante lo sviluppo. Tuttavia l’eccessiva motilità caratterizza anche le cellule metastatiche che dalla sede primaria di un tumore si spostano fino a raggiungere altri organi.”Abbiamo mostrato per la prima volta che lo splicing può influire sulla motilità delle cellule e quindi sulla loro capacità di raggiungere diverse parti dell’organismo”, spiega Biamonti che ha lavorato a questo risultato insieme all’Istituto per la ricerca e la cura del cancro di Candiolo (Torino) e l’Università del Massachusetts. L’aver individuato nell’operazione di “taglia e cuci” l’anello debole della produzione di proteine, e quindi una delle prime cause della degenerazione cellulare, apre secondo i ricercatori nuove prospettive nello studio della progressione tumorale: lo splicing alternativo infatti è un meccanismo che si può modificare in seguito a stimoli esterni usando piccole molecole sintetizzate ad hoc. “Proprio su questa strada stanno proseguendo le nostre ricerche”, conclude Biamonti. “Stiamo lavorando in vitro alla modificazione dello splicing grazie a degli oligonucleotidi: lo scopo è quello di rendere queste piccole molecole in grado di guidare il processo dove vogliamo noi”.

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