Categorie: Spazio

Satellite Rosat: (forse) è precipitato nel Pacifico

Rosat (Roentgen Satellite) ha fatto ritorno sulla Terra nel fine settimana, ma nessuno sa di preciso dove sia precipitato. Il satellite tedesco, disattivato nel 1999, ha concluso solo ieri la sua lunga fase di rientro fuori controllo sul nostro pianeta. Secondo gli ultimi dati dello Space Surveillance Network (Ssn) statunitense, i resti del dispositivo avrebbero terminato la propria corsa tra le 2 e le 3 di domenica mattina in una zona non ben precisata dell’Oceano Indiano, a Est dello Sri Lanka.

Tuttavia, esiste la probabilità che Rosat si sia schiantato sulla terraferma. Lo sostiene Jonathan McDowell, astrofisico dello Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics. Dati alla mano, lo scienziato ipotizza che il satellite possa essere precipitato anche in Birmania o in Cina. Una versione abbastanza credibile, visto che sulla traiettoria di Rosat c’erano due grandi metropoli cinesi come Chongqing e Chengdu. Tuttavia, dalle autorità asiatiche non è pervenuta alcuna notizia. E se il satellite si fosse davvero abbattuto in uno dei due centri abitati, sarebbe stato difficile omettere l’accaduto.

Poco prima dell’ingresso in atmosfera del satellite, l’ Agenzia spaziale tedesca (Dlr) è stata in grado di calcolare solo con una certa approssimazione la traiettoria di rientro. Era chiaro, dunque, che Rosat non sarebbe potuto cadere in Europa, Africa o Australia. Peccato che il nostro pianeta sia coperto per il 70% dagli Oceani.

Il grande livello di incertezza che ha circondato il rientro di Rosat era dovuto al fatto che il satellite tedesco era sprovvisto di un sistema di propulsione. Questo significa che, a fine missione, il dispositivo è andato incontro a una fase di rientro fuori controllo: la Dlr cioè non poteva modificarne la traiettoria. Alla mancanza di manovrabilità si sono aggiunte le tempeste solari, che hanno alterato in modo imprevedibile il viaggio verso casa di Rosat.

Ma non è tutto. Il satellite tedesco, del peso totale di 2,4 tonnellate, era stato progettato in modo da resistere alla rigidità dello Spazio. Una scelta che ha indotto i costruttori a blindare Rosat e tralasciare alcuni accorgimenti che ne avrebbero facilitato la disintegrazione durante la fase di rientro. Basti pensare che il cuore del satellite, un’unità ottica da 1,6 tonnellate, sarebbe facilmente sopravvissuta al rientro. Un proiettile di fibra di carbonio rinforzata che nessuno vorrebbe trovarsi sopra la testa.

“Dovremmo ripensare il design dei satelliti”, commenta per la Bbc Richard Crowther, della Uk Space Agency: “Servono dei dispositivi che si disintegrino quasi del tutto durante l’ingresso in atmosfera. Purtroppo, intorno al nostro pianeta orbita ancora una miriade di satelliti pesanti. È l’eredità di 50 anni di missioni spaziali. Mi dispiace, ma casi come questo continueranno a tormentarci per parecchio tempo”.

Via: Wired.it

Lorenzo Mannella

Si occupa di scienza, internet e innovazione. Laureato in Biotecnologie presso l'Università di Pisa, ha frequentato il master SGP in comunicazione scientifica presso Sapienza Università di Roma. Collabora con Galileo dal 2011. Scrive per Wired, Sapere e L'Espresso.

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