Scienziati folk-rock: le canzoni di Bob Dylan in 213 studi scientifici

Un titolo accattivante, si sa, è il primo passo per scrivere un buon articolo. Ma scegliere quali parole utilizzare non è banale, come ben sanno copywriter e titolisti. Allora a chi rivolgersi se non a un dio del folk-rock come Bob Dylan? Questo avevano pensato i cinque ricercatori del Karolinska Institutet (Svezia) e fan del cantautore, divenuti famosi lo scorso anno per una scommessa cominciata nel 1997: inserire nei loro articoli quante più citazioni possibile del loro beniamino.

Un fenomeno solo svedese? Non si direbbe proprio secondo un nuovo studio apparso sull’edizione natalizia del British Medical Journal e condotto dal bibliotecario Carl Gornitzi, l’esperto di statistica Agne Larsson e il docente Bengt Fadeel, anche loro dell’istituto di Stoccolma. Gli stessi a essersi accorti un anno prima della sfida tra i cinque scienziati burloni.

Secondo la loro analisi le canzoni di Dylan sarebbero state utilizzate per la prima volta nel 1970 quando sul Journal of Practical Nursing apparve un articolo contenente il titolo della canzone “The Times They are A-Changin‘”. Poi, per qualche anno, quasi più niente – “Abbiamo avuto alti e bassi come succede spesso a chi si ama” direbbe Dylan alla Scienza – fino al 1990, anno che a quanto pare ha dato il via a una generazione di scienziati dall’animo rock. Sarebbero addirittura 213, infatti, le citazioni presenti al giorno d’oggi nella letteratura biomedica, con “The Times They Are A-Changin‘” al primo posto per numero di quote (135 articoli), seguita da “Blowin’ in the Wind” (36 articoli), “All along the Watchtower”, “Knockin’on Heaven’s Door” e “Like a Rolling Stone”.

La stessa rivista Nature conta all’attivo almeno sei citazioni in altrettanti articoli. Per inciso, nel 1997 con la pubblicazione su Nature Medicine dello studio: “Ossido nitrico e infiammazione: la risposta sta soffiando nel vento”, Jon Lundberg e Eddie Weitzberg (due dei cinque ricercatori svedesi), avevano lanciato la sfida ai colleghi citando appunto ‘Blowin’ in the wind’ per parafrasare il passaggio di gas all’interno dell’intestino e dell’apparato respiratorio.

E a quanto pare tra scienziati e rockstar l’ammirazione sarebbe reciproca. È lo stesso Dylan a cantare nel 1983 in “Don’t Fall Apart On Me Tonight”: “Avrei voluto essere un dottore.
 Forse avrei potuto salvare qualche vita andata persa. Forse avrei potuto fare del bene nel mondo invece di bruciare ogni ponte che attraversavo”.

Tuttavia, secondo Gornitzi e colleghi non è certo per le parole di una canzone famosa che la comunità scientifica si interessa a uno studio. Anzi: sembrerebbe che questi articoli vengano citati in misura inferiore rispetto ad altri articoli sullo stesso argomento. Basterà questo per scoraggiare gli scienziati folk-rock dall’inserire nei loro lavori le poesie del vecchio Dylan? Noi crediamo di no, ma staremo a vedere. Nel frattempo: Congratulations.

Riferimenti: Bmj doi: http://dx.doi.org/10.1136/bmj.h6505

Credits immagine: Paul Townsend/Bob Dylan, Paris, France 1966.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here