Scivolare nel nanomondo

Nel migliore dei nanomondi possibili tutto scorre liscio più dell’olio, in assenza quasi totale di attrito. Se lo scenario fosse effettivamente realizzabile, gli hard disk, i dispositivi microelettromeccanici (Mems), le componenti nanoscopiche utilizzate dall’ingegneria aereospaziale, avrebbero sicuramente vita più lunga e prestazioni migliori. Perché sono proprio le forze d’attrito, particolarmente incisive a livello microscopico, il principale punto debole di questa tecnologia in miniatura: per “colpa” loro i materiali si logorano e si disperde energia. Con un danno economico che, per le nazioni sviluppate, è stimato addirittura intorno al 6 per cento del Prodotto interno lordo (800 miliardi di dollari l’anno negli Usa).

Ora uno studio pubblicato su Physical Review Letters, realizzato da ricercatori dell’Istituto nazionale di fisica per la materia (Infm-Cnr) in collaborazione con le università di Modena e di Milano, la Scuola superiore di studi avanzati (Sissa) e il Centro Internazionale di Fisica Teorica (Ictp) di Trieste e il Net-Lab della regione Emilia Romagna, suggerisce un modello teorico per mitigare gli effetti del nano-attrito agendo sulla geometria delle superfici che vengono a contatto. Abbiamo chiesto ad Andrea Vanossi del Centro S3 dell’Infm-Cnr di Modena di spiegarci come si è arrivati a questa conclusione: “Lo studio ha analizzato in particolare i processi di attrito che nascono quando tra due superfici cristalline che scorrono l’una sull’altra si trova un lubrificante solido, come potrebbe essere la grafite. Abbiamo individuato delle proprietà inaspettate nella dinamica del lubrificante. E cioè che la sua velocità di scorrimento non è variabile durante il moto, ma quantizzata, ossia ‘ancorata’ a un valore specifico che è determinato esclusivamente dalla geometria dell’interfaccia. Per cui cambiando le proprietà geometriche delle superfici con cui il lubrificante è a contatto cambia anche la sua velocità di scorrimento”.

Se si potesse sfruttare questa informazione per vincere l’attrito, i vantaggi sarebbero enormi. Il  nanoattrito aumenta, per esempio, in condizioni di ‘corrispondenza geometrica’ tra lubrificante e superfici. Il lubrificante tende, in questi casi, a deformarsi con conseguenze particolarmente svantaggiose perché si dissipa energia. “Per modificarlo attualmente occorre applicare delle forze rilevanti. In un futuro, se i nostri studi teorici verranno confermati a livello sperimentale, sarà possibile ottenere stati di slittamento ‘superlubrici’, in cui cioè le componenti di un dispositivo si muovono ad attrito ridotto, semplicemente modificando la geometria dell’interfaccia, ruotando per esempio una delle superfici di contatto”, conclude Vanossi. (g.d.o.)

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