Scritto nel Dna se il caffè fa male

Consumare abitualmente due o più tazze di caffè al giorno aumenta il rischio d’insorgenza di infarto, ma soltanto negli individui geneticamente predisposti. Lo rivela uno studio canadese dell’Università di Toronto, pubblicato sul Journal of the American Medical Association. Secondo i ricercatori, il metabolismo della caffeina da parte del nostro organismo dipende da un particolare gene chiamato CYP1A2 che esiste in due varianti: una delle due, indicata come 1F, metabolizza la caffeina più lentamente rispetto all’altra. Da un’analisi effettuata su un campione di quattromila costaricani, tutti forti consumatori di caffè, è emerso che gli individui portatori del gene recessivo per il metabolismo della caffeina erano stati colpiti da infarto in maniera molto più significativa rispetto agli altri. In particolare, chi tra loro consumava una media di quattro o più caffè al giorno, era soggetto a un rischio d’infarto del 64 per cento più alto più rispetto agli altri, mentre il pericolo aumentava del 36 per cento di chi metabolizzava lentamente le due o tre tazzine abituali giornaliere. Al contrario, negli individui portatori del gene che metabolizza velocemente la sostanza, il caffè era ben tollerato o addirittura scongiurava il rischio di attacco cardiaco. I ricercatori tuttavia non si sbilanciano e ammettono che il rischio d’infarto potrebbe essere legato alle cattive abitudini che spesso interessano i grandi consumatori di caffeina, come il fumo, l’alcol o il dormire poco. In questo caso la caffeina sarebbe assolta. (s.m.)

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