Se i saldi fanno più notizia della fame

Anche nel corso del 2009 le crisi umanitarie più gravi sono state pressoché ignorate dalla televisione. Le notizie ad esse dedicate dai telegiornali italiani sono state, in media, il 6 per cento del totale. Le malattie tropicali hanno avuto la peggio, con una copertura pari a zero, ed è andata poco meglio al conflitto nella Repubblica Democratica del Congo, a quello in Sri Lanka, all’Aids, alla malnutrizione. La lista nera è contenuta nel sesto rapporto “Le crisi umanitarie dimenticate dai media nel 2009” di Medici Senza Frontiere, che ha stilato la top ten delle crisi ignorate dai media.

Il rapporto, che per la prima volta ha la forma di un libro (edito da Marsilio), contiene l’analisi – svolta anche quest’anno dall’Osservatorio di Pavia – dello spazio dedicato dai tg a queste notizie. La prima cosa che viene fuori è che copertura mediatica non cambia nel tempo: nel 2009 le notizie sulle crisi umanitarie sono state il 6 per cento del totale (5.216 su 82.788), come nel 2008, ed è costante il calo di attenzione prestato alle aree di crisi in questi anni (il 10% nel 2006 e l’8% nel 2007).

Se si guarda alla classifica, ad avere la peggio sono le malattie tropicali (leishmaniosi viscerale/kala-azar, malattia del sonno, Chagas e ulcera di Buruli) con zero notizie ad esse dedicate, contro le ben 1.337 sull’influenza suina in soli nove mesi. Le malattie tropicali perdono anche al confronto con le notizie sui saldi di stagione e sul caldo eccessivo, che hanno accumulato rispettivamente 122 e 246 notizie. A seguire troviamo il conflitto nella Repubblica Democratica del Congo a cui sono state dedicate solo 7 notizie. La tendenza dei telegiornali, secondo il rapporto, è quella di interessarsi poco o nulla ai processi complessi delle crisi, privilegiando piuttosto fatti straordinari e limitati nel tempo. È il caso dello Sri Lanka (53 notizie) che ha ricevuto picchi di attenzione mediatica a maggio 2009 per poi scomparire nell’ombra nel secondo semestre. La crisi della Somalia (293 notizie) è ritenuta degna di attenzione soprattutto per gli attacchi dei pirati a imbarcazioni italiane, anche se i somali hanno continuato a essere vittima della violenza indiscriminata.

Stesso discorso vale per il Pakistan, con 225 notizie. Di cui la maggior parte riguarda però la cronaca di attentati e il resoconto di violenze. Qui, il lungo conflitto della provincia del Balochistan continua a rimanere sottaciuto e la popolazione è senza cure mediche. Il Sudan fa registrare 112 notizie ma la situazione in Darfur è una crisi visibile a singhiozzo: i tg hanno dedicato spazio soprattutto alla notizia dell’ordine di arresto della Corte Penale Internazionale per il presidente Bashir e del rapimento di operatori umanitari di Msf. Lo Yemen (54 notizie) appare invece nei telegiornali solo in caso di rapimento di occidentali o come possibile base terroristica. La crisi più visibile è quella in Afghanistan, con ben 1.632 notizie, riconducibili alla missione militare italiana e a quella americana. Poco e niente si dice del sistema sanitario precario della zona: che solo pochi ospedali e centri di salute nei capoluoghi di provincia funzionano, per di più a servizio ridotto. Dell’Aids (77 notizie) e della malnutrizione (116), poi si parla solo in caso di vertici internazionali o di visite del Pontefice in Africa. Tuttavia ogni anno da 3,5 a 5 milioni di bambini muoiono per cause legate alla malnutrizione. Un decesso ogni sei secondi.

Per fare in modo che i mezzi di comunicazione si occupino delle crisi in maniera costante, Msf chiede una mobilitazione dell’opinione pubblica e anche dei giornalisti attraverso due iniziative nell’ambito della campagna “Crisi dimenticate”. La prima, “Adotta una crisi dimenticata”, ha il patrocinio della Federazione Nazionale Stampa Italiana (Fnsi) ed è rivolta ai media, alle università e alle scuole di giornalismo che si impegnano a dare spazio a momenti di confronto e approfondimenti sulle questioni umanitarie. La seconda si chiama “Accendi un riflettore sulle crisi dimenticate” ed è rivolta all’opinione pubblica con il fine di attirare l’attenzione nei modi più diversi. Per esempio attraverso Facebook e con iniziative come i FlashMob, mobilitazioni nate in Internet.

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