di Sandro Spinsanti
Da una lunga pratica di ascolto dei bisogni espressi dagli operatori e di interlocuzione con la loro ricerca di “buona medicina” per il fine vita nascono le riflessioni che Sandro Spinsanti espone nel suo ultimo libro Morire in braccio alle Grazie. Il volume, di cui pubblichiamo qui il Prologo per gentile concessione dell’editore Il Pensiero scientifico, sarà presentato a Spoleto giovedì 18 gennaio (Sala Pegasus, ore 16) in un incontro con l’Autore a cui parteciperanno anche Paolo Trenta dell’Osservatorio Medicina Narrativa Italia – OMNI, Marta De Angelis dell’AssociazioneAglaia Spoleto e Maria Stefania Gallina, responsabile del Servizio Formazione, Comunicazione e Relazioni con il Pubblico dell’Usl Umbria2.
Sì, caro lettore: metto subito avanti le mie scuse. Non tanto per la sgradevolezza del tema – le cure di fine vita – quanto per la mia carenza di qualificazione. Premesso che gli unici autorizzati a parlare di morte per esperienza diretta – i morti stessi – non sono in grado di farlo, è sempre dall’esterno che possiamo approcciare il morire: l’evento più universale e più sfuggente del vissuto umano. La mia esperienza è indiretta al quadrato. Al di là delle vicende biografiche personali, che prima o poi non ci risparmiano la perdita di qualcuno che fa parte della nostra cerchia di intimi, ho avuto l’opportunità di ascoltare e accompagnare coloro che accompagnano i morenti. È soprattutto dalla loro esperienza che ho imparato, esercitandomi nell’ascolto.
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