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Silicone dal cuore elettrocinetico

Un sandwich al silicone farcito con Pzt (titanato zirconato di piombo), un materiale in grado di convertire l’energia meccanica del movimento in energia elettrica con un’efficienza dell’80 per cento, è stato realizzato dagli ingegneri dell’Università di Princeton (Usa). I ricercatori hanno reso così il più efficiente tra tutti i materiali piezoelettrici finalmente flessibile e biocompatibile. I vantaggi? La sostenibilità e l’adattabilità: un simile sistema permette di sfruttare a pieno i movimenti naturali del corpo, come quelli dovuti alla respirazione e alla locomozione, per produrre una grande quantità di energia. Lo studio, finanziato dalla U.S. Intelligence Community, è stato pubblicato su Nano Letters, una rivista specializzata della American Chemical Society, e potrebbe rivoluzionare il campo dei dispositivi elettronici medici, come quello dell’elettronica portatile.

Quando un materiale piezoelettrico viene stressato meccanicamente, al suo interno si crea una differenza di potenziale che può essere utilizzata per produrre corrente elettrica. Come ricordato, di tutti i materiali piezoelettrici il Pzt è il più efficiente (anche 100 volte più del quarzo). Il principale ostacolo alla realizzazione di sistema a Pzt flessibile sta però nel fatto che il materiale ha una struttura cristallina; questo significa che si forma a temperature molto alte, che sciolgono eventuali substrati flessibili. Ma Michael McAlpine, docente di ingegneria meccanica presso l’ateneo statunitense e a capo del progetto, sembra aver trovato il modo di aggirare questo problema, facendo crescere il materiale alle sue classiche temperature e trasferendone poi delle nanostrisce tra due lamine di silicone.

Il team punta ora all’applicazione di questa tecnologia, dato che gli impianti possono caricare vari tipi di apparati elettrici e possono essere collocati ovunque si produca movimento costante. Grazie alla biocompatibilità del silicone, per esempio, potrebbero essere posti vicino ai polmoni e il movimento della respirazione genererebbe elettricità sufficiente a far funzionare un peacemaker. Si eviterebbero così gli interventi chirurgici di sostituzione delle batterie usate, come suggerisce lo stesso McAlpine: «I nuovi meccanismi potrebbero essere impiantati nel corpo per alimentare perpetuamente i dispositivi medici senza pericolo di rigetto. Il composto, inoltre, si flette quando ad esso si applica corrente elettrica: ciò consentirebbe ulteriori usi in microchirurgia». Ma i chip potrebbero anche alimentare dispositivi portatili, come riproduttori Mp3, telefoni cellulari o pc, che potrebbero caricarsi durante una corsa o una passeggiata. Attualmente, gli ingegneri di Princeton stanno studiando dei prototipi per testare quanta elettricità riescono generare quando sono inseriti nelle scarpe.

I limiti del materiale non sono ancora stati indagati, ma i ricercatori sono ottimisti: «Migliorando nel tempo la fabbricazione di questi sistemi, saremo in grado di realizzare lamine sempre più grandi in grado di generare sempre più elettricità». (a.o.)

Riferimento: DOI: 10.1021/nl903377u

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