L’apparenza inganna. Gli scimpanzé e gli essere umani, così simili morfologicamente, sono in realtà molto diversi geneticamente. O meglio, le porzioni di Dna umano differenti da quello animale lo sono sostanzialmente. Lo hanno dimostrato alcuni ricercatori della compagnia californiana Perlegen utilizzando un biochip molto potente in grado non solo di ricostruire l’intero genoma di un organismo, ma anche di risalire ai riordini nella sequenza della doppia elica del Dna. I risultati, pubblicati su Genome Research, hanno suscitato l’interesse di molti genetisti: “Lo studio mostra la ricchezza e profondità delle differenze che abbiamo con i nostri più vicini antenati”, ha dichiarato Richard Gibbs, direttore dello Human Genome Sequencing Center del Baylor College of Medicine. Proprio lo studio dei tratti genetici che differenziano l’essere umano da mammiferi tanto simili a lui promette di svelare il segreto che rende l’Homo sapiens unico. I ricercatori hanno puntato la loro attenzione sul cromosoma 21 umano confrontandolo con sequenze di Dna di scimpanzé, macachi, orangutan e scimmie. Trovando che in tutte le specie il Dna aveva subito più riarrangiamenti di quanto prima ipotizzato soprattutto nel periodo di evoluzione dei primati. Cambiamenti che sono avvenuti nelle area del genoma che contengono geni funzionanti, che codificano cioè per sostanze di cui si conosce l’azione. Sarà proprio lo studio di queste porzioni di Dna, sostengono i genetisti della Perlegen, a fornire importanti indicazioni per la cura di alcune malattie. (s.ca.)