Abbiamo scoperto un sistema solare “perfetto”

sistema solare
(Foto: Jeremy Perkins su Unsplash)

A circa 100 anni luce da noi, nella costellazione della Chioma di Berenice, c’è un sistema solare “perfetto”. A scoprirlo è stato un team di ricerca internazionale coordinato dall’Università di Chicago che, grazie ai dati forniti dal Transiting Exoplanet Survey Satellite (Tess) della Nasa e dal Characterising Exoplanet Satellite (Cheops) dell’Esa, ha osservato come in questo nuovo sistema, composto da 6 esopianeti che orbitano attorno alla stella HD110067, regni l’armonia. Condizione, quindi, che lo rende un modello ideale per aiutarci a capire meglio come si formano i pianeti, come si evolvono e se possano o meno ospitare forme di vita. Lo studio, a cui l’Italia ha collaborato con gli osservatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica a Padova, Pino Torinese e Catania, l’Università di Padova e l’industria, con Leonardo, è stato pubblicato su Nature.

Perfetto, in che senso?

Differentemente dal nostro Sistema solare, creato da violentissime collisioni che hanno portato a mix di pianeti di diverse dimensioni, dove giganti come Giove si trovano accanto a piccoli mondi come il nostro, per il nuovo sistema solare le cose non sarebbero potute andare più diversamente. È composto, infatti, da 6 pianeti, tutti più o meno della stessa dimensione, che sono cambiati pochissimo da quando si sono formati miliardi di anni fa. “È l’ideale per studiare come vengono creati i pianeti, perché questo sistema solare non ha avuto gli inizi caotici del nostro ed è rimasto indisturbato fin dalla sua formazione”, ha commentato l’autore dello studio Rafael Luque, definendolo “il sistema solare perfetto”.

La danza dei pianeti

Non solo: i pianeti orbitano attorno alla propria stella in totale sincronia. Si muovono, infatti, con un ritmo così preciso, in un fenomeno che gli astronomi chiamano risonanza orbitale: il pianeta più interno compie tre orbite attorno alla stella per ogni due del pianeta successivo (risonanza 3/2). Uno schema che si ripete tra i quattro pianeti più interni, mentre per quelli più esterni lo schema è di quattro orbite per ogni tre del pianeta successivo (risonanza 4/3). “Pensiamo che solo l’1% circa di tutti i sistemi rimanga in risonanza, e ancora meno possa mostrare una catena di pianeti in tale configurazione”, ha spiegato Luque. Ecco perché è speciale, aggiunge l’esperto: “ci mostra la configurazione originaria di un sistema planetario che è sopravvissuto intatto”.

La danza dei pianeti è così tanto precisa da poter essere messa in musica, come si evince dal video qui sotto.

Il nuovo sistema solare

I sei esopianeti appartengono alla categoria dei “sub-nettuniani”, ossia mondi che sono più grandi del nostro pianeta e più piccoli di Nettuno (che è quattro volte più grande della Terra). Nel dettaglio, sono tra due e tre volte più grandi della Terra. E destano particolare interesse da parte della comunità scientifica soprattutto dopo la scoperta di qualche mese fa di un pianeta sub-nettuniano, chiamato K2-18b, che presenterebbe nell’atmosfera tracce di un gas (il dimetilsolfuro) che sul nostro pianeta viene prodotto solo da organismi viventi. E che, in gergo tecnico, si chiama biofirma.


Un’animazione svela quanto è grande il Sistema solare (e quanto è piccola la Terra)


A caccia di forme di vita

Sebbene nel nostro Sistema solare non ci siano mondi simili, gli esperti ritengono che questi sono il tipo di pianeta più comune nella galassia. Eppure, ancora oggi, sappiamo davvero pochissimo su di loro, ad esempio se sono costituiti principalmente da roccia, gas o acqua e, soprattutto, se forniscono le condizioni necessarie alla vita. “Scoprire questi dettagli è uno degli argomenti più cruciali”, ha spiegato alla **Bbc News **Luque, aggiungendo che questa scoperta offre l’opportunità perfetta per riuscire finalmente a rispondere, anche in tempi relativamente brevi. “Potrebbe essere questione di meno di 10 anni. Conosciamo i pianeti, sappiamo dove sono, abbiamo solo bisogno di un po’ più di tempo, ma accadrà”. La corsa per rilevare le biofirme su uno dei sei nuovi pianeti è aperta. Non ci rimane che aspettare, neanche troppo a lungo.

Via: Wired.it

Credits immagine: Jeremy Perkins su Unsplash