Sognando s’impara

Medici, psicologi e infermieri si trovano spesso di fronte a momenti importanti di vita e morte dei pazienti: situazioni che mettono a dura prova l’equilibrio psicologico degli operatori sanitari. E che nei casi più drammatici possono portare al burn out, la sindrome di esaurimento emozionale per cui ci si sente sopraffatti dalle richieste emozionali imposte dagli altri e incapaci di farvi fronte. Una formazione professionale in questo senso è dunque un’esigenza sempre più avvertita tra chi lavora nei reparti ospedalieri, e di recente anche da noi si sta facendo qualcosa. Si tratta di iniziative pionieristiche per il nostro paese, come per esempio l’utilizzo del “social dreaming” per imparare a gestire le emozioni nella relazione medico-paziente. Il metodo, elaborato una ventina di anni fa da Gordon Lawrence, è stato presentato nei giorni scorsi a Roma in un workshop organizzato dall’International Institute for Psychoanalytic Research and Training of Healt Professionals (Iiprthp) in collaborazione con il Centro ricerche oncologiche Giovanni XXIII dell’Università Cattolica.Imparare a gestire le proprie emozioni attraverso l’elaborazione collettiva dei propri sogni: è questo il senso del “social dreaming”, tecnica di derivazione psicoanalitica ispirata alla libera associazione di immagini di freudiana memoria e alla “amplificazione” formulata da Carl Gustav Jung. Semplificando, la cosa funziona così: un gruppo omogeneo di persone si riunisce e, a turno, ciascuno racconta il proprio sogno, lasciando poi spazio alle osservazioni degli altri che, con la guida di esperti, individuano collegamenti tra le varie narrazioni. Rispetto alla formulazione originaria, a Roma si è introdotta una variante: «Abbiamo aggiunto il cinema al social dreaming», spiega Domenico Nesci, psichiatra dell’Università Cattolica di Roma e membro dell’Iiprthp. L’iniziativa romana si è svolta in due momenti: la prima sera i partecipanti hanno assistito alla proiezione di un film sul tema , il giorno dopo è avvenuto un nuovo incontro durante il quale sono stati raccontati ed elaborati i sogni suscitati dal film. Per il workshop romano, dedicato alla vita prenatale nell’immaginario e rivolto agli operatori di reparti di ostetricia e ginecologia, è stato scelto il film “Pinocchio” di Luigi Comencini, nel quale, secondo gli esperti, è possibile seguire le metamorfosi delle origini della vita simbolizzate dai passaggi del protagonista da pezzo di legno (vita vegetativa) a somarello (vita animale) fino all’ultima trasformazione in un bambino vero dopo il parto-nascita, rappresentato dall’uscita dal ventre della balena-mostro. “Il momento di condivisione dei sogni”, spiega lo psichiatra romano, “avviene alla presenza di un gruppo di analisti molto esperti, che permettono la creazione di una catena associativa tra le situazioni vissute in ospedale, che vengono in mente ai partecipanti in relazione al film, e le scene sognate. Noi lavoriamo in tre: i professori Tommaso Poliseno e Dominique Scarfone, psicoanalista dell’Università di Montreal, e il sottoscritto”. Il metodo sviluppato all’Iiprthp è da qualche giorno protagonista di un programma televisivo a puntate dal titolo “Doppio sogno” e trasmesso su Rai-Sat canale cinema. “La realizzazione della versione televisiva”, conclude Nesci, “è più complessa rispetto agli incontri appena descritti, infatti, complessivamente, si assiste a due film. Il primo è, come negli incontri avvenuti a Roma, quello scelto dagli esperti a seconda del tema che si desidera trattare. Il secondo viene montato, invece, mettendo insieme delle immagini che richiamano le scene dei sogni raccontate dai partecipanti”.

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