Sommersi da una pioggia di comete?

Ogni disciplina scientifica, in ogni periodo, ha il proprio outsider. Quel ricercatore isolato che propone qualche teoria “audace”. Tanto da suscitare la perplessità, se non addirittura l’aperta ilarità, della maggior parte dei suoi colleghi. A volte questi scienziati controcorrente hanno ragione e le loro teorie segnano un punto di svolta nel progresso della scienza. Ma spesso vanno invece a ingrossare le fila delle idee strampalate. Non sappiamo ancora quale delle due strade prenderà Louis Frank, dell’Università dello Iowa. Ma di sicuro, è lui uno degli outsider dell’astronomia di questi ultimi anni. E nei giorni scorsi è tornato alla ribalta.

Frank iniziò a navigare controvento negli anni Ottanta. Per spiegare la presenza di strane macchie scure nelle immagini dell’atmosfera inviate dai satelliti della Nasa, egli ipotizzò che fossero provocate da piccole comete che si disintegravano ad alta quota. Una vera e propria grandinata di comete: un impatto ogni tre secondi con tonnellate di acqua rilasciate nell’atmosfera terrestre. L’idea fu giudicata un po’ troppo azzardata e “Nature” rifiutò di pubblicare gli articoli di Frank.

Tuttavia l’astronomo non si è dato per vinto: ha progettato un nuovo sistema di acquisizione delle immagini, l’ha montato sul satellite Polar e ora torna alla carica con nuovi dati. Migliaia di “palle di neve” grandi come una casa si scioglierebbero tra i 10 e i 25 mila chilometri di quota ogni giorno. L’annuncio, dato alla fine di maggio durante il meeting della American Geophysical Union e ribadito da un comunicato stampa della Nasa, ha trovato spazio anche sui media. Qualche giorno dopo il Sunday Telegraph invitava il resto degli astronomi a cospargersi umilmente il capo di cenere per i 10 anni trascorsi a ironizzare su Frank.

Ma non sembra che “l’astronomia ufficiale” sia disposta a fare ammenda. Anzi, in questi giorni si è registrato un fiorito via-vai di messaggi elettronici che evidenziano le incongruenze e le prove che negano l’ipotesi di Frank. “Innanzi tutto”, scrive David Morrison pure lui della Nasa, “le mini-comete non sono state osservate direttamente. Ancora una volta si tratta di una interpretazione dei dati da parte di Frank”. E poi come è possibile che altri strumenti non registrino questi eventi? “In fondo”, prosegue Morrison, “stiamo parlando di bagliori paragonabili a quello di Hiroshima”. E ancora: se gli impatti fossero davvero così numerosi, l’acqua rilasciata nell’atmosfera dovrebbe provocare un innalzamento degli oceani di circa 1 centimetro ogni 10 anni, che non si è mai registrato. La superficie lunare, poi, dovrebbe essere letteralmente ricoperta di crateri recenti che non sarebbero certo sfuggiti alle osservazioni. E non tutti i commenti sono basati solo su argomentazioni tecnico-scientifiche. Lindley Johnson dello Space Command dell’aviazione americana scrive drastico: “Chiederò in giro, ma sono convinto che i sensori del Dipartimento della difesa non si lascierebbero sfuggire eventi del genere. Ma cosa si è fumato questo Frank?”

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