Nelle discussioni in merito al caso Stamina, in corso negli ultimi tempi, il paragone con la terapia di Luigi Di Bella è più volte saltato fuori, trovando correlazioni tra i due casi sia per il metodo alternativodi cura proposto sia per il clamore mediatico suscitato. Ma forse il parallelismo più completo si è compiuto ieri. Il Senato ha infatti approvato la conversione in legge del decreto Balduzzi (qui il testo) sull’impiego delle staminali preparate secondo il metodo della onlus di Davide Vannoni, dopo le modifiche della Commissione affari sociali della Camera, dando il via di fatto alla sperimentazioneprevista dal decreto stesso. Così, come fu per il caso di Bella, le risposte alle controversie mediatiche e scientifiche e alle attese dei pazienti verranno da una sperimentazione. Anche se non è detto, proprio come nel caso precedente, che i risultati dei test spengano le discussioni. Proviamo a ripercorrere le tappe che hanno portato alla decisione di oggi, evidenziando similitudini con il caso Di Bella.
Una terapia alterativa
All’origine del caso Stamina oggi e quello Di Bella ieri ci sono metodi mostrati come innovativi nella cura di patologie dal forte impatto sociale, le malattie degenerative da una parte e i tumori dall’altra. Nel primo caso il metodo prevede l’uso di cellule staminali mesenchimali adulte nei pazienti, nel secondo invece il Multitrattamento Di Bella (Mdb) puntava all’utilizzo di un mix costituito da retinoidi, melatonina, bromocriptina, octreotide o somatostatina, ciclofosfamide o idrossiurea a seconda del tipo di tumori.
La condanna della comunità scientifica
Entrambi i metodi hanno ricevuto la condanna praticamente unanime della comunità scientifica. Gli stop imposti prima dall’agenzia regolatoria dei farmaci (Aifa), che aveva ravveduto irregolarità e inadeguatezze nelle modalità di preparazione del materiale biologico, quindi le perplessità e i rischi connessi alla terapia con staminali espressi del board di esperti interpellati dal ministero della Salute, e in tempi più recenti gli appelli della comunità scientifica, premi Nobel compresi (con le preoccupazioni mostrate dalla società presieduta da Shinya Yamanaka), hanno chiarito la posizione degli scienziati nei confronti del metodo Stamina. Non esiste un vero e proprio protocollo, e soprattutto, non esistonoprove scientifiche a sostegno dei metodi impiegati, così come non si conoscono i rischi cui sono sottoposti i pazienti, hanno più volte ripetuto gli scienziati, che hanno spesso definito il metodo Vannoni come pura “alchimia”.
Con Di Bella allora le dinamiche non furono molto diverse. Anche in quel caso infatti la somministrazione del cocktail di ormoni, farmaci e vitamine era portata avanti dal medico in via del tutto sperimentale, senza alcuna evidenza scientifica. Nel 1996 cominciarono ad arrivare le prime condanne per il trattamento, con la Commissione oncologica nazionale prima, poi la Commissione unica del farmaco, quindi il Consiglio superiore di sanità che dichiararono la mancanza di fondamento scientifico della cura.
Un caso mediatico
Il caso Stamina ha subito un’amplificazione mediatica pochi mesi fa, in seguito a un servizio della trasmissione Le Iene, che si era fatta portavoce del caso di Sofia, la bambina affetta da leucodistrofia metacromatica e le cui cure erano state interrotte da una misura giudiziaria, e al coinvolgimento di personaggi dello spettacolo come Adriano Celentano. Con il caso Di Bella, a essere portato all’attenzione del pubblico era stato soprattutto il medico stesso, con incontri da lui presenziati pubblicizzati in pagine a pagamento sui grandi giornali nazionali, e quindi dibattiti televisivi, in salotti tv come quello di Maurizio Costanzo o di Michele Santoro. A lanciare il caso era stata in particolare, come raccontano le cronache dell’epoca, l’ordinanza di un pretore pugliese che stabiliva la somministrazione gratuita a un paziente della cura Di Bella presso una Asl locale.
La sperimentazione voluta dall’alto
Sia il caso Di Bella che il caso Stamina sono stati portati avanti da provvedimenti giuridici, più che da evidenze scientifiche. Alle ordinanze giudiziarie fanno eco i media, e le richieste dei familiari dei pazienti. Il risultato per il caso Stamina si riassume nel via libera dato ieri dal Parlamento alla conversione in legge del decreto sull’ impiego delle staminali. Allora, alla fine degli anni Novanta, l’epilogo fu lo stesso: l’approvazione di una sperimentazione per il metodo Di Bella sotto l’allora ministro della Sanità Rosy Bindi. Il risultato è stato questo: si tratta di un metodo inattivo e non privo di effetti collaterali. Ma i sostenitori del metodo di Bella non hanno smesso di credere e sperare nella sua terapia, e questa non avrebbe smesso di far discutere.
Via: Wired.it
Credits immagine: UGA College of Ag/Flickr
In Italia, la ricerca medica fatta con i soldi dei contribuenti è quasi zero.
Ci dicono che mancano i soldi per fare ricerca con fondi pubblici. E poi ecco però che saltano fuori i soldi per fare la sperimentazione clinica sul Metodo Di Bella e sul Metodo Stamina.
Mi viene voglia di andare in Burundi.
Laggiù non faranno ricerca con fondi pubblici, ma almeno non vedono scialacquare il denaro in questo modo.
Non c’è solo l’efficacia della cura. Secondo me è più importante la libertà di cura. Se pago di tasca mia e firmo il consenso informato, perché c’è ancora quancuna che ficca il naso?