Studi su invisibilità, arrivano le applicazioni

Di mantelli dell’invisibilità ormai si sente parlare da un bel po’. E se una superficie che renda veramente invisibili probabilmente è ancora lontana, oggi arrivano però le prime applicazioni pratiche di questo campo di studi. Un team di ricercatori della Penn State University ha infatti sviluppato una superficie schermante che sfrutta la capacità di deviare determinate frequenze, frutto degli studi sull’invisibilità, per migliorare notevolmente la ricezione delle antenne radio.

La loro ricerca, apparsa sulla rivista Advanced Functional Materials, è basata sulle proprietà di uno specifico tipo di meta-materiali definiti quasi-two-dimensional materials (o quasi bidimensionali), pensati per esibire particolari proprietà elettromagnetiche esotiche.

“Per quanto ne sappiamo, nessuno è ancora in grado di rendere qualcosa invisibile schermandolo da un’ampia banda di frequenze”, spiega Dug Werner, direttore del Computational Electromagnetics and Antennas Research Lab della Penn State. “Quello che possiamo fare con le schermature attuali però è bloccare una piccola banda di frequenze, e così possiamo rendere invisibile un’antenna a banda limitata rispetto ad altre antenne che operino su differenti frequenze”.

A cosa servirebbe una tecnologia del genere? Come spiega Werner, quando molte antenne operano a breve distanza l’una dall’altra, per esempio nelle stazioni di antenne per i cellulari o sulle navi, queste interferiscono tra loro, diminuendo l’efficienza dell’insieme nel trasmettere e ricevere onde radio.

“Avvolgendo le antenne con il nostro meta-materiale siamo riusciti ad isolarle le une dalle altre, rendendole essenzialmente invisibili tra loro”, continua Werner. “In questo modo abbiamo ripristinato le proprietà di trasmissione intrinseche delle antenne. Si tratta di un importante passo in avanti verso l’applicazione pratica di queste tecnologie di schermatura”.

Via: Wired.it

Credits immagine:  Daniel Kulinski/Flickr CC

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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