Sull’antica via degli incensi

Tra Shawbak e Petra, su un tratto importante dell’antica via degli incensi, si snoda un viaggio lungo due millenni. Un percorso che oggi è possibile ripercorrere grazie all’impegno congiunto dell’Università di Firenze e del Department of Antiquities della Giordania. “Da Petra a Shawbak. Archeologia di una Frontiera”, in mostra alla Limonia di Palazzo Pitti fino all’11 ottobre, documenta per la prima volta il lavoro della Missione Archeologica italiana nell’area tra Mar Rosso e Mar Morto, in una regione di frontiera ricca d’incanti e di misteri. E proprio per far luce su alcuni di questi misteri nell’ateneo fiorentino è in corso un progetto dedicato alla società feudale mediterranea, che dal 1980 ad oggi ha permesso di scoprire diversi momenti d’integrazione tra Oriente ed Occidente, Cristianesimo ed Islam. Un domani nei libri di scuola potremmo non trovare più la sanguinosa storia delle Crociate, ma l’avventuroso avvicendarsi di popoli in un perenne fiorire di scambi.

La mostra documenta questa storia a partire dall’epoca dei Natabei, una popolazione araba d’origine nomade che dominò Petra forse dal IV secolo a. C. Tra i reperti natabei merita attenzione un capitello proveniente dal palazzo reale di Beidha per la prima volta esposto al pubblico. Natabei sono anche alcune iscrizioni e una stele raffigurante la divinità Al-Uzzah mentre risale al periodo romano il ritratto scultoreo di Elio Cesare, successore designato di Adriano. Generale di successo, Elio Cesare si conquistò una cattiva fama con le sue abitudini lussuriose e i suoi gusti stravaganti, e mori prima di accedere al soglio imperiale. Il marmo che lo rappresenta proviene dal museo archeologico di Petra, ed è uno dei molti pezzi confluiti dai musei italiani e giordani alla Limonaia in occasione della mostra.

Il percorso espositivo si articola in tre sezioni. La prima è dedicata Shawbak, fondata nel XII secolo da Baldovino I e subito divenuta capitale della Transgiordania al posto di Petra. Le fotografie dell’opificio e della chiesa rendono l’idea dello stato di conservazione di uno degli insediamenti medioevali più spettacolari del mediterraneo orientale. Le illustrazioni archeologiche offrono invece spunti sulla vita quotidiana nelle diverse epoche della città, lasciandoci immaginare, per esempio, ciò che avveniva all’interno di una tintoria nel 1400. Aiuta la fantasia un tappeto su cui è ricamato lo stemma dell’emiro Qu’a it Bay. Uno smalto policromo e un recipiente per la cottura della canna da zucchero, invece, c’introducono negli ambienti domestici. Sia i tappeti sia gli oggetti da cucina sono una testimonianza dei mamelucchi, dominatori tra il XIII e XIV. I mamelucchi erano schiavi emancipati e, a giudicare dai reperti in mostra, anche molto raffinati.

La seconda sezione è dedicata al tema della frontiera. Petra prima e Shawbak poi sono state un punto d’incontro e di scontro tra egiziani e giordani, tra islamici e cristiani. Snodi strategici lungo le vie commerciali e città fortificate, costituiscono un punto d’osservazione privilegiato per ricostruire la storia dei rapporti tra culture e popoli diversi. Il succedersi delle varie dominazioni, dai natabei ai bizantini, dagli ommayadi ai fatimidi, ha spinto gli storici ad osservare con particolare interesse il patrimonio archeologico locale, nella speranza di scoprire qualche cosa in più sulle caratteristiche insediative delle civiltà medioevali nel Mediterraneo. Oltre all’Università di Firenze e al Department of Antiquities giordano in questi anni di studi sono stati coinvolti anche altri enti di ricerca, tra cui il settore per il restauro dell’Università di Pisa, il settore di archeometria dell’Università di Urbino e il settore per il rilievo territoriale del Cnr di Roma. La collaborazione tra studiosi di diversi settori ha permesso di sperimentare un metodo di “archeologia leggera”, ossia la messa a sistema di diversi livelli di archeologia non invasiva. Di qui l’importanza di coinvolgere il pubblico, che viene, per cosi dire, interrogato. Ogni visitatore, infatti, al termine del percorso espositivo ha la possibilità di esprimere un giudizio e di “pubblicare” un commento.

La terza sezione della mostra è la più audace anche perché ripropone i temi della mostra sul grande schermo. Indiana Jones e Aleksandr Nevskij diventano protagonisti sullo sfondo di Petra, in una rassegna cinematografica che proietta i luoghi degli scavi in scenari meno realistici ma forse più familiari al grande pubblico.

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