Sulle tracce del ghiaccio

Quasi 13mila anni fa gran parte dell’emisfero nord si raffreddò in modo rapido e improvviso. Sull’altro emisfero però gli effetti di questa “mini-glaciazione”, durata solo 1.300 anni, sono dubbi.  Science riporta, in un intervista che anticipa i dati di prossima presentazione, un primo resoconto della spedizione geologica in Perù organizzata dall’Università di Cincinnati per colmare questa lacuna.

La storia climatica della Terra è caratterizzata da un susseguirsi di periodi glaciali e interglaciali. Questa alternanza, seppur ciclica, non è regolare né completamente prevedibile. E infatti, circa 12.900 anni fa, nel pieno di una fase di scioglimento dei ghiacci, un fenomeno di rapida inversione climatica interessò il pianeta generando una glaciazione nota come “Younger Dryas”. Questo raffreddamento prende nome dalla Dryas octopetala, pianta tipica delle tundre che in questa fase sostituì gran parte delle foreste nord-europee.

Un secondo studio, pubblicato su questo stesso numero di Science da Robert Ackert dell’Istituto Oceanografico Woods Hole, mostra che gli effetti di Younger Dryas non oltrepassarono il tropico del Capricorno: mentre la Groenlandia si raffreddava, infatti, l’Antartide e i bacini glaciali ad est della Patagonia continuavano a riscaldarsi.

Risultati di precedenti studi avevano però indicato il contrario, rilevando un avanzamento dei ghiacci in Nuova Zelanda e Argentina, proprio associato a Younger  Dryas. “Il problema fondamentale”, spiega Tom Lowell, coordinatore della spedizione in Perù, “sta nei metodi di rilevamento: i risultati della datazione al radiocarbonio spesso non collimano con quelli ottenuti dall’analisi geomorfologica della superficie delle rocce lasciate indietro dal fronte dei ghiacciai (metodo SED). Mentre il primo metodo mette in evidenza un movimento dei ghiacci all’inizio di Younger Dryas, il secondo rileva un avanzamento alla fine del medesimo periodo”.

Onde evitare problemi di tipo metodologico i ricercatori hanno applicato entrambi gli strumenti di indagine alle rocce rinvenute nei pressi della calotta glaciale di Quelccaya. Così sarà possibile valutare (in modo definitivo si spera) l’estensione della mini-glaciazione e l’impatto che essa ha avuto sull’estinzione di specie animali e vegetali nell’emisfero australe. Ma per questo dovremo aspettare la prima presentazione di Lowell e colleghi al Congresso dell’Unione Geofisica Americana che si terrà in autunno. (i.n.)

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