Fisica e Matematica

Un supercomputer ha risolto un mistero quantistico che resisteva da cinquant’anni

In gergo si chiama decadimento beta. È un fenomeno fisico, teorizzato compiutamente da Enrico Fermi oltre mezzo secolo fa, che coinvolge le particelle dei nuclei atomici – protoni e neutroni – e determina l’emissione di radiazione. E che gioca un ruolo fondamentale nell’Universo: tanto per dirne una, il decadimento beta è alla base delle esplosioni stellari che sono la fornace in cui vengono sintetizzati gli elementi pesanti che osserviamo qui sulla Terra. Nonostante siano passati cinquant’anni dalla sua formulazione, comunque, il decadimento beta continua ancora a serbare dei misteri. Uno dei più intriganti riguarda una discrepanza tra previsioni teoriche e evidenze sperimentali nella velocità del decadimento: oggi, finalmente, la comunità scientifica sembra essere venuta a capo del problema. O, quantomeno, aver fatto un significativo passo in avanti verso la sua soluzione. Non è stato semplice: per tentare di dirimere la questione, i fisici dello Oak Ridge National Laboratory si sono dovuti far aiutare da un supercomputer, con il quale hanno simulato il decadimento beta di un nucleo con 50 protoni e 50 neutroni. I dettagli del loro studio, e i relativi risultati, sono stati pubblicati sulla rivista Nature Physics.

Correggere le costanti

In generale, la teoria del decadimento beta prevede che quando un nucleo ha “troppi” protoni o neutroni, una delle due particelle si trasforma nell’altra: in questo modo il nucleo si porta in una situazione di maggiore stabilità ed equilibrio. Usando le equazioni del modello, è possibile calcolare con estrema precisione il tasso di decadimento di un singolo neutrone; tuttavia, quando si applicano le stesse equazioni all’intero nucleo, si ottiene un tasso di decadimento più veloce di quello osservato sperimentalmente. L’équipe di Thomas Papenbrock, professore di fisica teorica nucleare alla University of Tennessee, in Knoxville, e co-autore del lavoro appena pubblicato, ha pensato di risolvere il problema applicando una “correzione” a una delle costanti presenti nelle equazioni. In questo modo, effettivamente, la discrepanza è sparita; restava, però, il problema di trovare una giustificazione teorica alla modifica a posteriori della costante. Ed è qui che è entrato in gioco il supercomputer.

Non di soli neutroni

“Il nostro lavoro”, ha spiegato Papenbrock, “ha mostrato che il decadimento beta dell’intero nucleo è più complicato di quanto si pensasse. Anche se comunemente lo si considera come la trasformazione di un neutrone in un protone all’interno del nucleo, il decadimento è influenzato anche da altri processi, in cui due neutroni interagiscono tra loro e diventano una coppia protone-neutrone. Prendendo in considerazione questi effetti, e usando modelli nucleari avanzati e l’aiuto del computer, siamo riusciti a risolvere il mistero dei decadimenti beta ‘corretti’”. In particolare, i ricercatori si sono serviti del Cray Xk7 Titan, supercomputer in dotazione allo Oak Ridge National Laboratory, per simulare il decadimento di stagno-100 in indio-100. Lo stagno 100 ha la reputazione, tra i fisici delle particelle, di possedere un nucleo “doppiamente magico”: ha infatti 50 protoni e 50 neutroni fortemente legati in una struttura relativamente semplice, che lo rende il soggetto ideale per i calcoli su larga scala necessari a comprendere le forze di interazione tra protoni e neutroni all’interno dei nuclei atomici.

La parola al supercomputer

Senza scendere in dettagli troppo tecnici, i risultati delle simulazioni al supercomputer, dicono gli autori, sono finalmente coerenti con quelli provenienti dalle osservazioni sperimentali. Ma c’è di più: i calcoli possono addirittura fornire informazioni su altri processi, tra cui il cosiddetto decadimento doppio beta senza neutrini, un processo nucleare finora solo ipotizzato, e mai osservato sperimentalmente, in cui due neutroni si trasformano contemporaneamente in protoni senza emettere alcun neutrino. Un altro grande problema della fisica delle particelle di cui però, al momento, ancora non conosciamo la soluzione. Vedremo se il computer potrà aiutarci.

Riferimenti: Nature Physics
Credits immagine: Pixabay

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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