Tanti auguri Cern

In un giorno di fine settembre del 1954, 12 paesi europei firmarono uno storico accordo per dare vita a quello che sarebbe diventato il più grande centro di ricerca al mondo nella fisica della particelle. Al giro di boa dei cinquant’anni, il Cern (Centro europeo di ricerche nucleari) guarda al futuro, in attesa dell’Lhc (Large hadron collider), il nuovo acceleratore che entrerà in funzione nel 2007. Ma festeggia anche l’anniversario con una serie di iniziative che si succederanno lungo tutto il 2004 per culminare a ottobre con le celebrazioni ufficiali e, dulci in fundo, l’”open day” del 16, che aprirà al pubblico 50 diversi siti del centro, dai laboratori ai centri informatici fino alle sale dove avviene l’assemblaggio del nuovo Lhc. Per l’occasione, Galileo ha ripercorso la storia del Cern assieme a una delle sue figure più significative, la fisica italiana Maria Fidecaro, che ha speso, insieme al marito Giuseppe, un’intera vita di appassionata ricerca nel centro di Ginevra, dove tuttora lavora.Maria Fidecaro, quando è iniziata la sua attività al Cern?“Sono arrivata qui nell’agosto del ’56 dopo aver lavorato per alcuni anni a Roma sui raggi cosmici e poi per un anno al sincrociclotrone di Liverpool, che in quel momento era l’unico a produrre pioni (mesoni p), particelle chiave per la comprensione delle interazioni nucleari. Questo tipo di acceleratore è lo stesso sul quale ho inizialmente lavorato a Ginevra, il primo realizzato al Cern, concepito tuttavia come macchina intermedia verso la realizzazione del più potente protosincrotrone, inaugurato nel 1959. Era un periodo, quello, di grande fermento: nel 1956 era stata ipotizzata e poi confermata sperimentalmente la caduta della parità, ovvero il fatto che, diversamente da come si era pensato fino ad allora, la natura – a questo livello elementare – “distingue” tra destra e sinistra. E tutto ciò dava luogo a grandi discussioni, suscitando in tutti noi il desiderio di comprendere ancor meglio le leggi della natura”. Com’è cambiata la ricerca al Cern in questi cinquant’anni?“A essere sincera, non vedo grandi differenze, probabilmente perché ho vissuto giorno per giorno i cambiamenti. Certo alcune cose sono cambiate, come il numero di componenti dei gruppi di ricerca. Alla fine degli anni Cinquanta si lavorava in team di tre-cinque persone, mentre ora ci sono gruppi composti anche da decine o centinaia di scienziati. E anche il numero totale è aumentato, anche se è difficile tenere un conto complessivo, vista la grande mobilità dei ricercatori: oggi si parla di circa sei- settemila scienziati”. Com’era l’ambiente di lavoro al Cern per una donna a quel tempo?“Direi davvero buono. Le donne erano già tante, soprattutto se confrontate con altri ambienti lavorativi, e comunque non mi è mai capitato di vivere situazioni di disagio”. Il suo bilancio di cinquant’anni di Cern.“È un bilancio estremamente positivo. Se si pensa che l’auspicio sotto il quale il Cern prese forma era quello di fungere da coordinatore della ricerca europea, non si può fare a meno di notare come, negli ultimi decenni in particolare, questo aspetto sia divenuto sempre più centrale: il ruolo dei laboratori esterni è sempre più rilevante. In particolare il contributo italiano è importantissimo e i rapporti con i nostri centri molto intensi”.Le aspettative per il futuro?“Alla fine del 2004 tutte le macchine verranno spente e staremo fermi sino al 2006, quando si ricomincerà a lavorare sugli esperimenti in attesa dell’attivazione dell’Lhc nel 2007. Certo, tutte le attenzioni – in particolare quella dei media – sono per il bosone di Higgs, ancora da rilevare, ma io sono dell’opinione che dobbiamo prepararci sul piano scientifico per avere una mente il più possibile aperta nei confronti di quello che la natura ci potrà riservare”.

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