Teletrasporto, un quanto più vicino

Il futuro immaginato in Star Trek si avvicina, teletrasportandosi da un atomo all’altro: i ricercatori del Joint Quantum Institute (JqI) e delle università del Maryland e del Michigan (Usa) hanno ottenuto, per la prima volta, il trasferimento di un’informazione tra due atomi distanti un metro e isolati in trappole ad alto vuoto.

Il teletrasporto è possibile solo quando le due particelle sono forzate in uno “stato di correlazione quantistica”, realizzabile esclusivamente su scala atomica e subatomica. Se due oggetti sono quantisticamente correlati, le loro proprietà sono legate: determinando, per esempio, lo stato energetico del primo oggetto, si determina, istantaneamente, lo stato energetico del secondo, a qualunque distanza esso si trovi. Questo significa che affidando un’informazione al primo oggetto, è possibile vederla scomparire e riapparire immediatamente nel secondo, senza che si verifichi alcun passaggio intermedio.

Nell’esperimento, riportato questa settimana su Science, i ricercatori sono riusciti a correlare gli stati di due ioni di itterbio, un elemento chimico con caratteristiche metalliche. L’accuratezza del teletrasporto è stata prossima al 90 per cento, ma gli studiosi sostengono di poterla migliorare.

Negli ultimi anni, simili risultati si sono ottenuti facendo comunicare fotoni posti a grande distanza, fotoni e atomi o, ancora, due atomi vicini, anche se sempre con l’intermediazione di un terzo elemento (vedi Galileo, Teletrasporto riuscito e Confidenze fra atomi). Risultati che hanno contribuito a sostenere l’idea di nuova generazione di calcolatori: i computer quantistici. Oggi, lo studio del Jql rafforza questa idea, poiché la possibilità di teletrasportare informazioni fra particelle distanti lascia immaginare memorie in cui i dati  sono immagazzinati negli atomi stessi (quantum bit, gli omologhi futuri dei bit). “Il nostro sistema è in grado di gettare le basi per un ripetitore quantistico su larga scala, capace di  creare una rete di memorie” sostiene Chirstopher Monroe dell’Università del Maryland, “nonché di fornire un componente fondamentale per la costruzione dei computer del futuro”. (l.c.)

Riferimento: Science 23 January 2009: Vol. 323. no. 5913, pp. 486 – 489

DOI: 10.1126/science.1167209

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