Durante la notte tra il 6 e il 7 aprile, dall’acceleratore di particelle Tevatron del Fermilab di Batavia (Usa) erano giunte delle voci interessanti. Qualche manciata di collisioni in più di quelle che ci sarebbe aspettati – registrate dall’esperimento Cdf (Collider Detector) – avevano messo in fermento la comunità scientifica. Inizialmente sembrava si potesse trattare del tanto ricercato bosone di Higgs (una particella predetta dal modello della fisica teorica più accreditato e mai osservata); quasi immediatamente, però, la voce era stata smentita. Restava in piedi un’ipotesi non meno affascinante: non si trattava del bosone, ma le collisioni in eccesso potevano essere comunque l’indicazione di nuove particelle mai osservate prima. Alberto Annovi, ricercatore dell’esperimento Cdf dell’Infn Laboratori nazionali di Frascati, tra i primi ad analizzare i dati, lo aveva spiegato in un’intervista a Galileo. I dati erano comunque preliminari, e non si poteva escludere che i segnali fossero solo un rumore di fondo, né che fosse da correggere la teoria che non prevedeva tali collisioni.
Ora, da un secondo esperimento, DZero, condotto sempre presso il Fermilab, non sono uscite buone notizie per il Cdf: i loro dati non possono confermare il segnale individuato da Annovi e colleghi lo scorso aprile. “I nostri dati sono in accordo con il Modello Standard”, ha infatti detto il portavoce dell’esperimento D0, Dmitri Denisov, rilasciando i dati on line lo scorso 10 aprile: “Abbiamo cercato tra 200 trilioni di collisioni e non abbiamo visto l’eccesso riportato dal Cdf”.
“Loro non vedono nessuna differenza rispetto al Modello Standard, ed escludono il segnale osservato dal Cdf”, ha confermato a Galileo Annovi. “Sebbene un segnale corrispondente a un numero di eventi intermedio fra i due sia ancora possibile, in questo momento la possibilità che ci sia nuova fisica è bassa. Nei prossimi mesi lavoreremo per capire le differenze fra le due analisi e quindi determinare perché i due risultati sono parzialmente diversi”, ha aggiunto il ricercatore. Anche se il Tevatron si spegnerà il prossimo settembre, infatti, le analisi dei dati andranno avanti almeno per qualche anno.
C’è da dire che raramente i risultati dei due esperimenti sono stati in disaccordo, come ha fatto notare anche Nature: di circa 500 studi prodotti nei dieci anni passati, ci sono stati appena due-tre risultati non coerenti. Al momento non c’è che aspettare il verdetto di una nuova analisi.
Riferimento: Fermilab
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