Categorie: Società

Tra il dire e il fare…

Condannato nell’immaginario collettivo, il razzismo è in realtà molto più tollerato di quanto si potrebbe credere. Perché quello che pensiamo di provare non corrisponde a quello che proviamo realmente e a come ci comportiamo nella pratica: una possibile spiegazione che è suggerita da uno studio di psicologia sociale, apparso oggi su Science.

Anche se, nella nostra società, i pregiudizi razziali sono stigmatizzati, gli atti di violenza e le discriminazione sono moto frequenti. Un’indagine condotta nel 2007 negli Usa dal Pew Research Centre di Washington rivela, per esempio, che il 67 per cento delle persone di colore nero subisce discriminazione quando cerca lavoro, e il 50 per cento quando svolge attività quotidiane, come fare la spesa o frequentare locali. Per Kerry Kawakami dell’Università di York (Canada) questa contraddizione si spiega con il fatto che la pressione sociale contro gli atti di discriminazione e violenza non è poi così forte come sembra.

“Le persone pensano che, di fronte a un episodio di discriminazione, interverrebbero a favore della vittima”, spiega Kawakami, “ma i nostri risultati mostrano che, posti davanti al fatto reale, la reazione che prevale è d’indifferenza”.

I ricercatori hanno condotto diversi esperimenti su volontari caucasici e asiatici. Lo scopo era comparare le previsioni fatte dai partecipanti sulle proprie reazioni ad atti di razzismo, con le reazioni reali. In una prima prova, 120 volontari hanno assistito a un episodio (simulato) di insulto razzista contro una persona di colore nero. Nonostante questo, il 63 per cento ha scelto, come compagno per l’esperimento successivo, il colpevole e non la vittima, contraddicendo le previsioni iniziali.

“Le persone spesso sbagliano nel valutare le proprie risposte emotive agli eventi spiacevoli”, commenta Elizabeth Dunn, dell’University of British Columbia, coautrice dello studio: “È possibile che, per allontanare le sensazioni sgradevoli, si tenda a percepire l’insulto come un gioco o un commento innocuo”. I ricercatori cercheranno ora di indagare se e come questo avvenga realmente. (t.m.)

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