Transcendence, oltre ogni previsione avveniristica

“Per 130 mila anni, la nostra capacità di ragionare è rimasta invariata. L’intelletto combinato dei neuroscienziati, matematici e ingegneri impallidisce in confronto all’intelligenza artificiale più elementare. Una volta on-line, una macchina senziente supererà rapidamente i limiti della biologia: in breve tempo, il suo potere analitico prevarrà sull’intelligenza collettiva di ogni persona nata nella storia del mondo. Alcuni scienziati si riferiscono a questo fenomeno chiamandolo ‘singolarità’. Io lo chiamo ‘trascendenza’ “..

È con queste poche parole che il personaggio principale di Transcendence, il film di Wally Pfister appena uscito nelle sale, Will Caster (Johnny Depp), uno dei più grandi studiosi nel campo dell’intelligenza artificiale, presenta il proprio lavoro. Il brillante scienziato sta infatti perseguendo un ambizioso obiettivo: servirsi della rete per potenziare l’intelligenza artificiale collettiva fino a livelli incredibili. Il progetto, chiamato PINN (Physically Independent Neural Network), è una macchina senziente e autocosciente, che a sua volta può accogliere una coscienza esterna. Le implicazioni etiche e morali e le modalità di riconoscimento di una coscienza restano inesplicate e passano in secondo piano, tanto che il dottor Caster e la sua affascinante moglie Evelyn (Rebecca Hall) sembrano non preoccuparsene affatto. È su questa linea infatti che l’unica risposta al quesito fondamentale posto alla macchina cosciente “Puoi dimostrare di avere coscienza di sé?” sarà sempre: “E tu? Puoi farlo?”. A rimescolare le carte in tavola spingendo Will a conservare la propria coscienza nel PINN, prima, e a cercare di rimettere le cose a posto, dopo, sarà un gruppo chiamato RIFT (Revolutionary Indipendence From Technology) che cercherà in tutti i modi di porre fine alla disumanizzazione del mondo.

In questa moltitudine di mondi fantascientifici e avveniristici si districa il direttore della fotografia di Christofer Nolan e ora al suo debutto alla regia, Wally Pfister. Ma tra etica, religione, filosofia, morale, robotica, fisica, biologia e scienza il neo regista ne esce a stento. Il materiale è troppo, e Pfister finisce per perdere il senso della misura, preferendo alle emozioni umane il grande impatto visivo della tecnologia, finendo quasi per prenderne le parti. Proprio questa predilezione lo porterà a esagerare e a dipingere un mondo che supera qualsiasi avveniristica plausibilità. L’evidente obiettivo finale è quello di dimostrare quanto l’umanità abbia ancora paura della tecnologia. La rappresentazione apatica delle emozioni e le gelide interazioni umane servono infatti ad avvicinare il mondo umano a quello artificiale. Invece di dotare i computer di calore umano, Pfister decide di toglierlo agli attori con lo scopo di dimostrare che se le macchine sono veramente ciò che temiamo, alla fine forse, dovremmo rivalutare l’importanza delle relazioni umane e smetterla di comportarci sempre più come loro.

Credits immagine: Transcendence, 01 distribution

 

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