Salute

Trasfusioni: il sangue vecchio è migliore di quello giovane?

Un po’ come il vino, anche il sangue migliorerebbe invecchiando. Quando non proprio freschissimo, infatti, il sangue è risultato ugualmente sicuro per le trasfusioni e potrebbe essere addirittura associato a un numero minore di effetti collaterali. A mostrarlo è un team di ricercatori guidati dall’Università di Monash, a Melbourne, in Australia partendo da quanto emerso da un trial clinico, chiamato Transfuse, uno studio in cui è stata condotta un’analisi su un gruppo di volontari sani che avevano bisogno di una trasfusione. I risultati sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine.

Il sangue è formato da vari componenti, fra cui globuli rossi, globuli bianchi, piastrine e il plasma. Dopo il prelievo dal donatore, queste componenti vengono separate e opportunamente conservate. Ad esempio, nel caso di gravi anemie, causate da emorragie, tumori o altre malattie, può essere praticata una trasfusione di globuli rossi. Nello studio, i ricercatori hanno preso in considerazione 5000 pazienti ricoverati in terapia intensiva, in condizioni cliniche critiche, dunque a rischio della vita, che necessitavano di una trasfusione. I pazienti sono stati divisi in due gruppi, di cui uno riceveva sangue conservato da circa 22 giorni, mentre l’altro gruppo riceveva sangue leggermente più fresco, cioè di 11 giorni.

Nel primo caso, le cellule sanguigne leggermente più vecchie sono state associate ad un numero minore di effetti collaterali, fra cui meno casi di febbre insorta dopo la trasfusione. A distanza di tre mesi, è risultato leggermente minore anche il numero di decessi nei pazienti che avevano ricevuto una trasfusione con sangue leggermente più vecchio (594 decessi) contro quelli del gruppo trasfuso con sangue più fresco (610 decessi). Dopo sei mesi dalla trasfusione, si legge nelle conclusioni dello studio, aver utilizzato sangue leggermente più vecchio non ha determinato un aumento della mortalità e dunque è risultato sicuro, spiegano gli autori. “Sicuro e ideale”, ha definito questo tipo di sangue il primo autore dello studio, Jamie Cooper, che lo paragona al vino che assume spesso pregio quando viene fatto invecchiare.

Ma in generale quando si parla di età dei globuli rossi, quali sono le tempistiche massime della conservazione? Non si parla certo di anni, né di mesi, ma di giorni o settimane al massimo: in Italia, ad esempio, i globuli rossi vengono mantenuti al massimo per 49 giorni (dato Avis), i concentrati di piastrine per cinque giorni e il plasma congelato anche fino a due anni. In Australia, dove è stato condotto lo studio, i globuli rossi vengono conservati per 42 giorni, ma in alcuni paesi la durata massima è stata abbassata a 35 giorni, a causa della preoccupazione che dopo questa scadenza questo sangue possa subire dei mutamenti. Ma queste attenzioni non sono necessarie, ha spiegato l’autore Cooper, e riducono notevolmente la disponibilità di sangue per le trasfusioni, diventando potenzialmente controproducenti.

Un risultato questo, che conferma la sicurezza e la qualità del sangue conservato anche più a lungo, un bene salvavita, sempre più prezioso, di cui in Italia si fa uso ogni 10 secondi e circa l’1% della popolazione, 660mila persone, ne ha beneficiato (dato del Ministero della Salute 2016).

Viola Rita

Giornalista scientifica. Dopo la maturità classica e la laurea in Fisica, dal 2012 si occupa con grande interesse e a tempo pieno di divulgazione e comunicazione scientifica. A Galileo dal 2017, collabora con La Repubblica.it e Mente&Cervello. Nel 2012 ha vinto il premio giornalistico “Riccardo Tomassetti”.

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