Una progressiva ostruzione delle vie aeree, una persistente infiammazione, effetti cronici che coinvolgono tutto l’organismo, non solo la capacità di respirare. È il quadro clinico della broncopneumatia cronica ostruttiva (Bpco), una malattia grave dell’apparato respiratorio che il progressivo invecchiamento della popolazione e l’aumento dell’abitudine al fumo a livello mondiale stanno portando a scalare la classifica delle malattie più temibili. Al momento è la terza causa di morte e un’importante fattore di disabilità. La Bpco – i meccanismi che la scatenano e le terapie che possono curarla – è uno dei cardini attorno a cui in questi giorni, a Londra, ruota il congresso dell’European Respiratory Society.
L’attenzione è puntata soprattutto sulla scarsa aderenza dei pazienti alle terapie: si tratta spesso di schemi che comprendono 2 o 3 farmaci, che sono somministrati per inalazione e che devono essere ripetuti diverse volte al giorno. L’età media dei pazienti è piuttosto alta e più di una ricerca ha sottolineato che la percentuale di chi dimentica la terapia unita a quella di chi sbaglia la somministrazione renda in gran parte inefficace la cura. Ecco perché diversi studi si stanno concentrando per verificare se combinazioni fisse di farmaci inalate con un solo device possano migliorare le condizioni cliniche dei pazienti.
In particolare due studi presentati a Londra dimostrano la maggiore efficacia della prima associazione tripla fissa extrafine rispetto alla terapia standard. Lo studio Trilogy, pubblicato anche su The Lancet, confronta l’azione di beclometasone/formoterolo/glicopirronio con una terapia doppia a dose fissa – uno degli standard di cura – dimostrando che la prima è superiore su diversi fronti: diminuisce le riacutizzazioni, migliora la funzione polmonare e la sensazione di non riuscire a respirare. “Lo studio ha quindi dimostrato l’importanza di trattare la BPCO severa con tutti e tre i principi attivi – ICS, LABA e LAMA – e che è possibile erogarli contemporaneamente, utilizzando un solo inalatore: un fattore importante che migliora sia l’efficacia della terapia, grazie alla co-deposizione dei tre principi attivi nelle vie aeree centrali e in quelle periferiche, sia l’aderenza alla terapia, soprattutto nei pazienti anziani che hanno maggiore difficoltà a gestire più dispositivi”, ha commentato Alberto Papi, Professore e Chair di Medicina Respiratoria e Vice Presidente della Scuola di Medicina, Università di Ferrara. Anche lo studio Trinity, presentato al congresso, ha dimostrato l’efficacia della combinazione tripla fissa, confermando che gli effetti collaterali di questa nuova terapia sono paragonabili a quelli dei tre principi assunti separatamente.
Immagine: Creative Commons CC0 via pixabay.com
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