Troppi maschi nei paesi asiatici

Nei prossimi venti anni in molte parti della Cina e di altri paesi asiatici ci sarà un eccesso di giovani maschi del 10-20 per cento rispetto al numero delle donne. Colpa della selezione sessuale, che sta portando a uno squilibrio che avrà importanti ripercussioni sociali: una grande percentuale di uomini non riuscirà a trovare moglie sviluppando frustrazione e problemi psicologici. E’ quanto rivela un’analisi condotta da un gruppo di ricercatori inglesi e cinesi e pubblicata sul Canadian Medical Association Journal (Cmaj).

La preferenza per i figli maschi è comune nei paesi dell’Asia, del Medio Oriente e dell’Africa. I maschi sono preferiti alle femmine per la loro capacità di lavorare (specialmente nelle economie agrarie), perché continuano la linea familiare e si prendono in carico la cura dei genitori malati e anziani. Ci sono anche specifiche ragioni, a seconda delle zone: in India, per evitare le spese della dote, in Corea del sud e in Cina per la cultura della famiglia patriarcale e per i valori confuciani. Per secoli, questa preferenza ha portato a una forte discriminazione verso le femmine e alla diffusione di pratiche come l’infanticidio, la negazione delle cure mediche e della nutrizione, fino a portare alla prematura mortalità. Poi, a partire dagli anni Ottanta si è diffusa la tecnologia degli ultrasuoni a scopi diagnostici, subito sfruttata in questi paesi per determinare il sesso del feto e effettuare aborti selettivi.

“La tendenza evidente è decidere in base all’ordine di nascita e al sesso del figlio precedente”, spiegano gli autori. “Se il primo o il secondo nato è femmina, le coppie spesso fanno ricorso all’aborto selettivo”. Come risultato, si assiste oggi a un enorme squilibrio tra il numero di uomini e di donne. Il rapporto dei sessi alla nascita, cioè il numero dei nati maschi ogni 100 femmine, normalmente si attesta intorno ai 105 maschi ogni 100 femmine. Con l’avvento degli ultrasuoni, il rapporto in alcune città della Corea del Sud è arrivato a quota 125 nel 1992. In Cina, la situazione è resa più complicata dalla politica del figlio unico, che ha contribuito a un forte aumento dei maschi, passati da 106 ogni 100 femmine nel 1979, a 111 del 1990 fino ai 117 nel 2001 e addirittura ai 121 del 2005.

“Nel 2005 è stato stimato che in Cina erano nati oltre un milione di bambini in più e che il numero di maschi sotto i 20 anni superava quello delle femmine di circa 32 milioni”, scrive nello studio Therese Hesketh, del UCL Centre for International Health and Development di Londra. Non mancano le differenze in base alle regioni: il rapporto dei sessi supera i 130 maschi ogni 100 femmine in regioni come Henan nel nord e Hainan nel sud, mentre è vicino alla normalità nelle province di Xinjiang, Inner Mongolia e Tibet. Forti disparità tra i sessi si registrano anche in India: diversi stati nel nord e ad ovest come Punjab, Delhi e Gujarat presentano un rapporto di 125 maschi ogni 100 femmine, mentre negli stati meridionali e orientali di Kerala e Andhra Pradesh il numero dei maschi scende a 105.

Questo squilibrio, avvertono gli analisti, avrà delle implicazioni sociali fortissime sulle fascia di popolazione in età riproduttiva. Una consistente percentuale di uomini non sarà in grado di sposarsi o avere figli a causa della scarsità di donne, un problema soprattutto perché in queste società lo status sociale dipende in larga parte dal matrimonio e dalla famiglia. In Cina, il 94 per cento dei single è maschio, con età compresa tra i 28 e i 49 anni e senza istruzione. La frustrazione per non riuscire a sposarsi, avverte lo studio, può tradursi in bassa autostima, in problemi psicologici e in un aumento della violenza e dei crimini.

Da qualche anno a questa parte le istituzioni dei paesi asiatici stanno cercando di correre ai ripari. Le leggi che vietano la determinazione del sesso del feto e l’aborto selettivo esistono in Cina, India e Corea del Sud ma solo in quest’ultimo paese sono davvero stringenti. Per affrontare con successo il problema serve un approccio su più fronti. In Corea del Sud e in Cina, per esempio, sono state lanciate delle campagne di sensibilizzazione sull’equità di genere e sui vantaggi dell’avere una figlia femmina, con risultati incoraggianti: in Corea il numero dei maschi ogni 100 femmine è passato da 118 nel 1990 a 109 nel 2004. “Queste riduzioni non avranno effetto sulla popolazione in età riproduttiva per altri due decenni e il rapporto tra nati maschi e femmine in questi paesi rimarrà alto. Ci vorranno diversi decenni prima che il rapporto tra i sessi ritorni ai limiti normali”, concludono gli autori.

Rifermienti: Cmaj

1 commento

  1. Non vorrei apparire brutale ma è la triste conseguenza di una mentalità che ha discriminato da sempre la donna…credo che qualunque tentativo di controllare l’irruenza della natura si paghi…sempre. Comunque ti leggo sempre con piacere

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