Un test per la diagnosi della tubercolosi che, in soli due giorni, consenta di distinguere tra infezioni latenti e malattie attive. È stato presentato sulla rivista Clinical Infectious Diseases da Delia Goletti e i suoi collaboratori dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. Ogni anno si registrano nel mondo circa tre milioni di decessi correlati alla tubercolosi e si stima che un terzo della popolazione sia infettata con il batterio responsabile, M. Tuberculosis. In questo contesto, la distinzione tra malattia attiva, in cui il batterio si moltiplica nell’ospite provocando lesioni polmonari o extra-polmonari e infezione latente, in cui il M. tubercolosis non si replica, è fondamentale. Si accelerano così l’individuazione di pazienti con tubercolosi attiva da sottoporre a terapie adeguate e l’attuazione di eventuali misure di isolamento per ridurre il rischio di diffusione dell’infezione. I metodi di diagnosi più rapidi oggi disponibili si basano sulla capacità di due proteine specifiche di M. tubercolosis (ESAT-6 e CFP-10) di causare la produzione in vitro di una particolare molecola del sistema immunitario, l’interferone (IFN)-gamma. Si tratta però di test che non distinguono tra stato attivo e latente, come invece fa quello messo a punto dal gruppo di Delia Goletti, che utilizza frammenti di ESAT-6 e non la proteina intera. Mentre i pazienti con tubercolosi attiva producono IFN-gamma anche in risposta ai frammenti, quelli con infezione latente riconoscono solo la proteina intera. Il test è utile anche per il monitoraggio dell’efficacia della terapia: se funziona, la risposta ai frammenti di ESAT-6 cessa dopo tre mesi, altrimenti persiste. (va.m.)
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