Affamare il tumore dell’ovaio è sempre vantaggioso, anche in pazienti in fase avanzata e a cui è già stata somministrata un terapia di questo tipo. È il risultato a cui arriva lo studio internazionale Mito16b coordinato dai ricercatori italiani dell’Istituto Tumori di Napoli IRCCS “Fondazione G. Pascale” presentato al congresso della Società americana di oncologia medica (Asco) in corso in questi giorni a Chicago. “I dati ci dicono che aggiungere bevacizumab, un farmaco che blocca i vasi sanguigni formati dal tumore, alla chemioterapia in pazienti con recidiva che avevano già ricevuto questo farmaco come primo trattamento migliora l’efficacia della terapia”, spiega Sandro Pignata, direttore Oncologia uro-ginecologica del Pascale. Un miglioramento che si misura in una più lunga sopravvivenza libera da progressione – 4 mesi in più è la mediana delle pazienti ri-trattate con bevacizumab – e un rischio di progressione dimezzato.
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