Salute

Dottore, posso viaggiare nello Spazio?

Nell’era dei voli privati nello Spazio, come insegna SpaceX, l’azienda che con la capsula Dragon è diventata la prima compagnia del genere a rifornire la Stazione spaziale internazionale (Iss), la possibilità di voli cosmici commerciali appare sempre meno prerogativa delle sole agenzie spaziali governative. Tanto che per imprenditori come Elon Musk, a capo della stessa SpaceX, il turismo spaziale potrebbe essere il prossimo campo in cui fare affari. Proprio come nelle intenzioni di  Richard Branson della Virgin Galactic, il magnate che lo scorso anno ha inaugurato in Nuovo Messico il primo aeroporto per voli nello Spazio. D’altronde le possibilità sono meno remote di quel che si crede, ricordando che sono già diversi le persone non addette ai lavori che hanno raggiunto la Iss come turisti spaziali.

Per ora comunque il fenomeno è contenuto. Ma proiettandosi al futuro vanno considerati non solo i prezzi proibitivi di un giro ad alcune decine di chilometri d’altezza (200 mila dollari con la Virgin Galactic), o di un biglietto per Marte (sui 500 mila dollari) – che potrebbero certo frenare gli entusiasmi – ma anche l’impatto che un viaggio spaziale potrebbe avere sulla salute.

Dottore, voglio partire per lo spazio

Recentemente il British Medical Journal si è interessato al problema con un articolo dal titolo “Posso prendere un volo spaziale? Considerazioni per i medici”, in cui si discutono le prospettive sul fronte salute che potrebbero derivare da un boom nel turismo spaziale. Perché non è da escludersi che in futuro i medici si vedano presentare pazienti con richieste di un “certificato per voli spaziali”, come scrivono gli autori.

Tutti gli astronauti, così come i turisti spaziali alla Iss, prima della partenza sono sottoposti a screening medici approfonditi, in cui viene valutata la possibilità di sopportare una permanenza nello Spazio. Condizioni come calcoli renali ed asma per esempio sono spesso stati dei criteri di esclusione, scrivono gli autori. In generale nella storia si ricordano solo tre casi in cui l’impossibilità di gestire un problema medico ha costretto gli astronauti a interrompere una missione. Con il tempo però, con lo sviluppo del turismo spaziale (o magari anche di voli a scopo di ricerca e lavoro), i casi problematici da trattare potrebbero aumentare, con la crescita della mole di richieste per i voli oltre l’atmosfera.

Lo spazio mi fa male?

E allora, per quel giorno è meglio che gli specialisti siano preparati a rispondere a domande del tipo: qual è il tempo massimo che un paziente con osteoporosi può soggiornare in un hotel spaziale? O ancora: può il mio paziente con angina e pacemaker partecipare a un volo suborbitale della Virginia Galactic? Certo, scrivono gli autori, non ci si può aspettare che tutti i dottori diventino esperti, ma dovranno almeno essere in grado di capire gli impatti che un volo spaziale potrebbe avere sui propri pazienti, rispondere alle loro domande, e conoscere i potenziali rischi di un volo parabolico, piuttosto che di uno orbitale o suborbitale.

Se un documento pubblicato nel 2009 dall’Aerospace Medical Association Commercial Spaceflight Working Group sosteneva che “le persone con condizioni mediche ben controllate” potessero sopportare le forze di accelerazione di un decollo spaziale va comunque considerato che l’esistenza di qualche acciacco prima della partenza pone dei rischi. Farsi un giro nello Spazio infatti non è una passeggiata: insonnia, affaticamento, dolori alla schiena, mal di testa, diarrea, deidratazione, perdita di appetito, atrofia muscolare sono tutti sintomi alquanto comuni una volta in orbita. Per questo, suggeriscono gli autori, sarebbe opportuno che i medici avessero accesso ai report di medicina spaziale, e compilassero per ogni paziente una sorta di file, in cui le informazioni sulle condizioni fisiche potessero essere integrate con quelle della letteratura. Per capire cioè quando una condizione preesistente rischi di peggiorare una volta nello Spazio.

Via: Wired.it

Credits immagine: Zodiacs Around The World/Flickr 

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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  • Appassionata da sempre, ho collaborato con il principale quotidiano della mia città (UD) per diversi anni, in quanto astrofila, con articoli relativi ad argomenti astronomici.
    Ora non sono più giovane, ho 72 anni, ma viaggio ancora in cerca di Aurore Polari, Eclissi di Sole, Osservatori Astronomici... o semplicemente cieli limpidi. E mi piacerebbe enormemente, anche se temo di essere ormai fuori gioco, volare nello spazio. Esther

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