Tutte le cause della prostatite

Non solo batteri, ma problemi psicologici, neurologici e immunologici. Potrebbero essere diverse le cause dell’infiammazione della prostata (prostatite), ghiandola a forma di cono che aderisce alla vescica del maschio e che svolge un ruolo primario nella riproduzione. Questa malattia, che non curata può portare anche alla sterilità, non mette a rischio la vita dei pazienti. E forse per questo non è stata oggetto di studi clinici approfonditi. Ma ora nuove ricerche condotte in Europa, negli Stati Uniti e in Asia, ipotizzano che a causare la fastidiosa patologia, che colpisce uomini di età compresa fra i 25 e i 50 anni, possano concorrere molti fattori. Aprendo così nuovi scenari terapeutici, come è stato riportato durante la Scuola Internazionale di Urologia, tenutasi al Centro “Ettore Majorana” di Erice.

Circa il 25 per cento delle patologie urologiche dell’uomo in età fertile coinvolge anche la prostata. Un numero rilevante se si considerano, fra l’altro, i disturbi che provoca nei soggetti colpiti: stimolo frequente a urinare, bruciore durante la minzione, pesantezza diffusa a livello del bacino (area pelvica e scrotale), a volte dolore durante e dopo l’eiaculazione, sensazione di malessere generale. “Nel 10 per cento dei casi le prostatiti croniche sono da attribuire sicuramente ai batteri”, spiega Michele Pavone Macaluso dell’Università di Palermo. “Nel 90 per cento sfugge invece la causa autentica, anche se si sospetta che possa esserci, in alcuni casi, una presenza batterica difficilmente dimostrabile. Sappiamo inoltre che una percentuale non ben precisata di casi non è da attribuire ai batteri. Pur tuttavia, abbiamo osservato con sperimentazione clinica, che l’uso degli antibiotici riesce, seppur a volte non del tutto, a lenire le sofferenze, almeno per un limitato periodo di tempo”.

Ad accendere il “fuoco” all’interno della ghiandola prostatica, nel 10 per cento dei casi, è la chlamydia, un batterio che ha soppiantato ormai il gonococco come causa di uretriti (infiammazione dell’uretra) sessualmente trasmesse. A illuminare gli urologi sulla possibilità che cause diverse possano concorrere allo scatenarsi della malattia è stata l’osservazione di alcuni pazienti che, pur essendo affetti dalla malattia, non risultavano infettati dal batterio. E ancora che altri malati infettati dal batterio non avevano sviluppato nessuna infiammazione della prostata. Ed è così che alcuni autori hanno ipotizzato un’implicazione di altri fattori. Gli studi in materia, in particolare, sono stati eseguiti da John Kusek e Leroy Nyberg (National Institutes of Health), Martin Ludwig (Institute of Urology Justus-Liebig University Clinic), Curtis Nuckel (Departiment of Urology, Queen’s University) e Bertrand Tombal (Departiment of Urology, Universite’ Catholique de Louvain).”Le evidenze cliniche”, prosegue Pavone Macaluso, “ci consentono di poter affermare che alcune forme di prostatite cronica sono ascrivibili a somatizzazione oppure a disturbi neurologici anche gravi”.

Sul fronte terapeutico la sperimentazione clinica ha aperto nuove speranze. Negli Stati Uniti, per esempio, un gruppo di ricercatori ha ottenuto buoni risultati nella cura dei disturbi provocati dalla prostatite, inoculando, direttamente sulla ghiandola, piccolissime quantità di tossina botulinica (la stessa contenuta nelle conserve alimentari avariate, che può provocare anche la morte). Il dolore nell’area pelvica si attenua perché la tossina riduce le contrazioni muscolari: il 30 per cento della prostata è, infatti, costituito da fibre muscolari che si affiancano a cellule ghiandolari raggruppate in “acini”. Ricercatori delle Filippine hanno invece ottenuto risultati confortanti praticando ai pazienti un massaggio manuale della ghiandola, raggiungibile per via rettale.

In ultimo la malattia si caratterizza per le sue continue ricadute: il paziente sembra guarito e invece, dopo un periodo di tempo (anche sei mesi), i disturbi si ripresentano. Il protrarsi dell’infiammazione può causare (in circa il 10 per cento dei casi) anche sterilità: il liquido prostatico, infatti, costituisce circa il 40 per cento della parte liquida dello sperma e la sua infiammazione riduce la velocità e l’intensità dell’eiaculazione. Non conoscendo bene le cause che provocano le malattie, sembra utopistico parlare di prevenzione. Tuttavia, gli scienziati suggeriscono alcune norme comportamentali per ridurre i rischi di incappare in una prostatite: evitare rapporti sessuali non protetti, non praticare il coito interrotto, non stare per ore ed ore seduti, seguire un’alimentazione equilibrata evitando, in primo luogo, le spezie.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here