Un altro sviluppo è possibile

Dietro un paio di lenti forse troppo grandi per il suo viso asciutto, Robert Solow conserva l’espressione di chi sa guardare lontano. Una lunga vita, la sua, iniziata quasi ottant’anni fa e coronata nel 1987 dal premio Nobel per aver contribuito alla teoria della crescita economica. A lui si deve infatti la formulazione moderna del concetto di sviluppo sostenibile, secondo cui “ogni generazione deve lasciare alla successiva quanto necessario per garantirle una qualità della vita altrettanto buona e perché essa possa agire allo stesso modo nei confronti della generazione seguente”. Noi lo abbiamo incontrato a Trieste, dove l’economista americano si trovava la scorsa settimana per lanciare il Programma di economia ecologica e ambientale rivolto ai paesi poveri promosso dal Centro internazionale di fisica teorica (Ictp) in collaborazione con la Fondazione Eni Enrico Mattei e il Beijer Institute di Stoccolma. “Era dal 1945, quando ancora indossavo la divisa dei marine, che non venivo a Trieste”, ci ha confidato Solow all’inizio della nostra conversazione, forse per esorcizzare i venti di guerra che soffiano dal suo paese, gli Stati Uniti. Professor Solow, cosa significa pensare in termini di sviluppo sostenibile? “Il concetto di sviluppo sostenibile è ormai diventato uno slogan. Un ritornello che ci ricorda come sia importante, quando si parla di sviluppo economico, considerare con estrema attenzione le conseguenze a lungo termine delle decisioni che prendiamo oggi”.Uno sviluppo economico rispettoso dell’ambiente resta un’utopia?“Questa domanda ha una risposta diversa a seconda dell’area del pianeta che consideriamo. Europa e Nord America cominciano a marciare nella giusta direzione. Nell’ultimo decennio, per esempio, gli Stati Uniti hanno compiuto progressi considerevoli, costruendo industrie più sicure e favorendo una pianificazione economica più rispettosa del territorio. Purtroppo l’attuale amministrazione ha fatto alcuni passi indietro, ma il cammino è ormai tracciato, e Bush non sarà presidente in eterno…”. Qual è la situazione nei paesi in via di sviluppo?“L’esistenza di una stretta interdipendenza tra economia, ecologia e sfruttamento delle risorse naturali è una consapevolezza ancora poco diffusa nei paesi in via di sviluppo. Tuttavia, sono proprio questi paesi a essere più fortemente dipendenti dall’ambiente, da cui provengono quasi tutte le risorse. Lo scopo del Programma che stiamo lanciando è proprio quello di trasmettere tale consapevolezza agli economisti dei paesi in via di sviluppo, nella speranza che possano convincere i rispettivi governi ad adottare una serie di politiche in favore di un’economia sostenibile”.Le nuove tecnologie potranno aiutare i paesi poveri in questo processo?“Certamente non può essere la mera conservazione delle risorse naturali a risolvere il problema. E l’adozione di nuove tecnologie a minore impatto ambientale è fondamentale ma non basta. Perché possa esserci vero sviluppo economico, devono nascere società aperte, nelle quali le libertà individuali vengono rispettate”. Se la sente di prendere posizione sulla globalizzazione?“La globalizzazione è allo stesso tempo un pericolo e un’opportunità. Una globalizzazione senza regole, senza controllo, è certamente pericolosa. Ma demonizzarla è un errore. Se fossi nato in un paese in via di sviluppo, mi augurerei che i paesi ricchi aprano i loro mercati ai miei prodotti. Chiedere ai paesi poveri di essere autosufficienti, di svilupparsi unicamente con i propri capitali, significa condannarli a secoli di povertà. L’unica prospettiva realistica di sviluppo economico per la parte più povera del mondo si basa sui capitali dei paesi ricchi. Questo non significa però che gli investitori occidentali possano avere carta bianca per fare tutto ciò che vogliono. Occorre prevedere forme di regolamentazione che consentano ai paesi poveri di importare capitali pur mantenendo il controllo sulle loro economie. Manca ancora la volontà politica, ma realizzare tutto questo non è impossibile”.

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