Sarà per quel nome che suona molto bene nei vernissage, o per l’atmosfera bohemien respirata sin da piccolo insieme agli effluvi di acquaragia e colori a olio nello studio della madre pittrice, o ancora per la precoce passione per la fotografia sfogata su una piccola macchina, regalo del nonno per i suoi nove anni, che il biologo spagnolo Ariel Ruiz i Altaba alle lusinghe delle immagini non ha mai potuto resistere.
E così nel suo laboratorio all’Università di Ginevra dove studia il comportamento delle cellule staminali trova il modo di trasformare ciò che vede al microscopio in creazioni artistiche. Riuscendo a vestire contemporaneamente i panni di scrupoloso scienziato e di fotografo apprezzato dai galleristi di tutto il mondo: i dettagli di un embrione, il movimento delle cellule, la struttura delle molecole sono una irresistibile fonte di ispirazione.
Il sapiente dosaggio di luci e ombre, la dimestichezza con le proprietà dell’obiettivo, l’utilizzo di varie tecniche mischiate insieme, dalla sovraimpressione, ai negativi graffiati, alla resa “anticata” dei fotogrammi, rendono le creazioni di Atalba particolarmente suggestive.
Il catalogo delle sue opere tradisce la sua “altra” passione, quella per la biologia, coltivata anch’essa fin dall’infanzia quando passava le giornate in cerca di conchiglie e lumache da osservare e collezionare. E i titoli scelti per suddividere la sua produzione artistica parlano da sé: Biophilia, Embryonic landscapese, Genome and Identity.
Immagine: Embryonic Landascape (2001)
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