Categorie: Fisica e Matematica

Un Big Bang in bottiglia

Ricreare in laboratorio lo stato della materia al momento del Big Bang. Un obiettivo affascinante, un tentativo per spiegare i misteri della nascita dell’Universo riproducendola su scala ridottissima in un acceleratore di particelle. L’esperimento, battezzato Star (Solenoidal Tracker At Rhic), partito a fine giugno al Brookhaven National Laboratory (Usa) con l’impegno novecento fisici. Star è solo uno degli esperimenti che sfrutteranno Rhic (Relativistic Heavy Ion Collider) un nuovo gioiello della tecnologia appena messo a punto nel laboratorio americano. Si tratta di un acceleratore ad anello dalla circonferenza di quattro chilometri con la particolarità di far collidere al suo interno particelle molto più pesanti di quelle degli acceleratori classici. A illustrare questa nuova sfida alla Scuola internazionale di fisica subnucleare del Centro “Ettore Majorana” di Erice, è giunto nei giorni scorsi Tsung Dao Lee, premio Nobel per la fisica (vinto a soli 31 anni), allievo prediletto di Enrico Fermi, oggi professore alla Columbia University di New York e tra i responsabili di Star. “E’ l’inizio una grande impresa”, ha dichiarato entusiasta il fisico, “e ci aiuterà a svelare più di un mistero”.

Grazie a Rhic i fisici faranno collidere frontalmente due fasci opposti di nuclei di oro. Il violentissimo urto genererà uno nuovo stato della materia, una sorta “vuoto” ad altissima energia (il cosiddetto plasma di quark e gluoni) che rimarrà in vita soltanto un decimillesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo. Un lampo, ma sufficiente ai sofisticati rivelatori di Star per fotografare la nascita del “nuovo”, di ciò che andrà a riempire quel vuoto. Nell’urto si raggiungeranno temperature dell’ordine di quelle esistenti nell’Universo primordiale: almeno centomila volte la temperatura all’interno del Sole di circa quindici milioni di gradi. A queste temperature la materia si trasforma in una sorta di zuppa ad altissima energia costituita dai suoi componenti fondamentali, appunto il plasma di quark e gluoni.

Tuttavia la teoria della Cromo-dinamica quantistica, tra le più quotate in questo momento per spiegare il comportamento della materia a livello subnucleare, prevede che non è possibile osservare singoli quark in quanto questi sono confinati all’interno dei protoni: la forza che lega i quark (la cosiddetta interazione forte, mediata dai gluoni) cresce con l’aumentare della distanza che li separa. Più si tenta di allontanarli l’uno dall’altro, più aumenta la forza di attrazione. All’interno del Relativistic Heavy Ion Collider di Brookhaven i fisici tenteranno invece di sfidare questa teoria. Le energie raggiunte dovrebbero consentire ai quark di liberarsi – almeno per un decimillesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo – formando il plasma. Una condizione mai ricreata in natura e che, forse, esiste soltanto all’interno delle stelle di neutroni, dove la densità di materia è addirittura maggiore di quella dei nuclei atomici. Dopo l’urto, la temperatura comincia a scendere e i quark tornano al loro posto: confinati all’interno delle particelle. Così come, probabilmente, è avvenuto miliardi di anni fa.

L’impresa affascina e incuriosisce anche chi ha poca dimestichezza con la fisica delle particelle. “Ottenere quark liberi, ricostruendo gli attimi che hanno preceduto la formazione dei nuclei, ci aiuterà a capire molte cose”, afferma Lee, “servirà a stabilire, fra l’altro, se davvero i quark sono l’ultimo gradino nella scala della struttura della materia”. Con Star si aprono, dunque, nuovi orizzonti. “Siamo però ancora agli inizi della sperimentazione”, prosegue il ricercatore, “non abbiamo superato i dieci milioni di collisioni e contiamo di ottenere i primi risultati tangibili dopo miliardi di urti”.

Al Cern di Ginevra, intanto, fervono i preparativi per un esperimento analogo, battezzato Alice (A Large Ion Collider Experiment) che sarà realizzato con il collisore Lhc (Large Hadron Collider), una macchina di 27 chilometri di circonferenza attualmente in costruzione nel laboratorio ginevrino. Anche al Cern, con collisioni tra nuclei pesanti a velocità relativistica, sarà creato un plasma di quark e gluoni. “A Ginevra contiamo di spingerci oltre”, afferma Antonino Zichichi, direttore della Scuola internazionale di fisica subnucleare di Erice, “e verificheremo se esiste asimmetria tra materia e antimateria”. Un riscontro che potrebbe aprire scenari ancora più suggestivi ed emozionanti. Perché proprio come nel caso del paese delle meraviglie, Alice potrebbe svelarci l’esistenza di un Universo parallelo.

Gianfranco Criscenti

Nato a Palermo nel 1963, giornalista, con la passione per le Scienze, collabora - come cronista - con l'agenzia Ansa ed il Giornale di Sicilia. Da anni segue le attività delle Scuole internazionali della Fondazione e Centro di cultura scientifica ''Ettore Majorana'' di Erice.

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