Un gene, dove serve

Quasi un terzo delle persone che soffrono di epilessia non risponde ai farmaci. Ad oggi, l’unica possibilità per molte di loro è sottoporsi a un’operazione per rimuovere la zona colpita dalla malattia, ma una alternativa alla chirurgia potrebbe arrivare dalla terapia genica.

Uno studio sperimentale del Dipartimento di Neuroscienze dell’Istituto di Mario Negri di Milano, guidato da Francesco Noè, ha infatti dimostrato che è possibile indurre le cellule malate a produrre una proteina con proprietà anticonvulsivanti. E che questa sostanza riduce significativamente la ricorrenza delle crisi epilettiche.

La ricerca, svolta in collaborazione con gruppi internazionali diretti da Gunther Sperk dell’Università di Innsbruck (Austria), da Asla Pitkanen dell’Università di Kuopio (Finlandia), e da Matthew During dell’Ohio State University (Usa), è stata appena pubblicata su Brain.

I neuroscienziati hanno inserito un particolare gene nell’ippocampo di ratti in cui era stata indotta l’epilessia. Il pezzetto di Dna in questione codifica per il neuropeptide Y, la proteina anticonvulsivante: “Innanzitutto occorre individuare l’area del cervello da cui originano le crisi epilettiche, utilizzando per esempio tecniche di imaging e di elettroencefalografia”, ha spiegato  Annamaria Vezzani, capo del laboratorio di Neurologia Sperimentale, “Una volta individuata l’area cerebrale responsabile si introduce lo specifico gene terapeutico all’interno delle cellule, grazie a un virus non patogeno, ovvero innocuo”.

Il 40 per cento del campione trattato sembra rispondere bene al trattamento senza mostrare effetti tossici collaterali. I ricercatori hanno anche osservato che la proteina continua a essere prodotta nella zona trattata per circa un anno, tempo che corrisponde alla durata di vita degli animali. La strada alla terapia genica per il trattamento di epilessie farmaco-resistenti è aperta. (t.m.)

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