Un Giubileo di batteri

Santa Margherita Ligure – Accorreranno da ogni angolo del mondo per celebrare il grande Giubileo del Duemila. Donne, uomini e bambini con usi e costumi diversi, tutti potenziali veicoli di infezioni. La folla sterminata che da qui a pochi mesi si riverserà nelle strade di Roma potrebbe creare non solo problemi di traffico o di ordine pubblico, ma anche un’emergenza sanitaria. Davanti a un pellegrino africano o asiatico che arriva in Italia con una forte febbre, quanto tempo potrebbe passare prima che i medici di un pronto soccorso o di un ospedale si accorgano che si tratta di febbre tifoide? Forse proprio quanto basta all’infezione per diffondersi. Una preoccupazione espressa da Eduardo Gatuzzo, infettivologo peruviano di origine ligure e presidente della Società Mondiale di Malattie Infettive, durante il congresso internazionale su “Antimicrobical Chemiotherapy in Clinical Practice”, che si è svolto questa settimana a Santa Margherita Ligure. Il messaggio è chiaro: attenzione, ma niente panico, l’Italia ha i mezzi per difendersi.

Professor Gatuzzo, quali sono le malattie infettive che potrebbero arrivare con i pellegrini?

“Tifo, tubercolosi, malaria, colera. Patologie che si diffondono facilmente in una situazione di grande affollamento e di scarsa igiene. L’emergenza malattie infettive è purtroppo ancora una realtà dolorosa che provoca ogni anno ben 20 milioni di morti in tutto il mondo. Per questo, in occasione del Giubileo, sarà fondamentale un controllo sanitario preciso e capillare che permetta una diagnosi tempestiva delle possibili fonti di contagio. In ogni caso l’Italia non è un paese a rischio per il propagarsi di un’epidemia: gli standard di igiene sono ottimi”.

Tra queste malattie, qual è la più aggressiva?

“La tubercolosi, che ogni anno miete tre milioni di vittime e fa registrare tra gli otto e i dieci milioni di nuovi casi, con un aumento negli ultimi decenni pari al 60 per cento. Certo, i due terzi dei casi si trovano in Asia e in Africa, ma anche in Europa il fenomeno tubercolosi non deve essere sottovalutato. Sono europei, infatti, 20 malati su cento, e nella maggioranza dei casi la Tbc è associata all’Aids. La somma delle due malattie è particolarmente pericolosa, poiché, come è stato messo in evidenza da studi italiani, scatena da una parte una maggiore resistenza ai farmaci negli ammalati, dall’altra aumenta la capacità della tubercolosi di diffondersi. Una situazione che in alcuni luoghi sta diventando esplosiva: Russia, Lituania e in generale la zona balcanica stanno diventando un ricettacolo di infezione. Soprattutto nelle carceri e negli ospedali, dove i malati vivono in spazi limitatissimi e in condizioni igieniche precarie”.

Con quali strumenti si può scongiurare il rischio di trasmissione delle malattie?

“La prima misura da adottare è l’istituzione di un network di informazioni fra medici di tutto il mondo. E’ questa la base della cosiddetta Travel Medicine, una disciplina oggi in pieno sviluppo e che consente di comunicare da un capo all’altro del pianeta le emergenze e le soluzioni più adeguate. Un esempio: se un turista tailandese arriva in Italia e si sente male, il medico che lo visita potrebbe non conoscere le patologie più diffuse in quella regione dell’Asia, e quindi sottovalutare determinati sintomi. La possibilità di comunicare con specialisti tailandesi non può che migliorare la gestione del caso clinico. Questo vale sia per i turisti che arrivano in Italia sia per gli italiani che viaggiano all’estero e che al ritorno si ammalano. Un evento non raro, visto che la maggioranza dei viaggi avviene proprio verso località dove è maggiore il rischio di contrarre malattie infettive. Secondo passo: saper eseguire analisi adeguate anche per malattie ormai completamente debellate sul territorio italiano. La possibilità di curare la malaria, per esempio, è strettamente legata alla tempestività della diagnosi”.

E allora in che modo si possono difendere dalle infezioni i pellegrini in arrivo e i cittadini italiani?

“Curando la propria igiene personale, e ponendo particolare attenzione all’igiene del cibo. Faccio un esempio: il primo veicolo per la trasmissione di malattie come il colera è rappresentato dagli alimenti trasportati da un paese all’altro. Per scongiurare il diffondersi di infezioni, sarebbe bene che i pellegrini in arrivo evitassero di portare cibarie da casa, e comprassero invece gli alimenti sul posto, qui in Italia. D’altra parte, però, anch’essi devono fare attenzione a quello che mangiano. E’ facile immaginare, infatti, che per riuscire a servire centinaia di clienti molti ristoranti serviranno cibi cucinati frettolosamente. E poiché la carne non cotta correttamente aumenta le possibilità di diffusione dei batteri, bisognerà controllare tutto ciò che si mangia”.

Ma insomma, quello del Giubileo sarà “un anno vissuto pericolosamente” dal punto di vista sanitario?

“Non direi. L’igiene è l’arma migliore contro le malattie infettive. E, date le ottime condizioni italiane, da questo punto di vista, basteranno pochi accorgimenti pratici per evitare il contagio”.

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