Un semaforo nel cervello

I neuroni del nostro cervello sono collegati fra loro attraverso una serie di diramazioni che ricevono e inviano segnali nervosi. Le diramazioni riceventi si chiamano dendriti, mentre quelle trasmittenti si chiamano assoni. Questa fitta ragnatela di filamenti nervosi, dove le informazioni di muovono sotto forma di impulsi elettrici, costituisce la “rete autostradale” del cervello. Ma chi o che cosa “indica” a un neurone come direzionare i propri prolungamenti? In gran parte la questione era ancora un mistero. Ora, il gruppo guidato da Arnivan Ghosh, della John Hopkins University School of Medicine del Maryland (http://infonet.welch.jhu.edu/som), ha scoperto la funzione di una molecola, la semaforina 3A, che gioca un ruolo decisivo in questo meccanismo. Il lavoro è stato pubblicato nelle scorse settimane su Nature.

Fin dal concepimento ogni cellula nervosa pianifica quale direzione debbano prendere le proprie appendici riceventi e trasmittenti. Parte di questa pianificazione è dettata dai geni regolatori ed è quindi presente fin dalla nascita. Ma quando veniamo al mondo il 5 per cento dei contatti neuronali è ancora tutto da decidere. Essi vengono stabiliti sulla base delle necessità dettate dalle esperienze, oppure semplicemente a caso. Secondo Edoardo Boncinelli, direttore del Laboratorio di biologia molecolare dell’Istituto San Raffaele di Milano (http://w3dibit.hsr.it), nonché autore della scoperta che ha portato all’identificazione dei geni-architetto del cervello, gli Otx, “questo 5 per cento di connessioni ancora da stabilire è il nostro più ampio margine di libertà ed è ciò che assicura la diversità fra i vari individui”.

Senza nulla togliere a questo margine di libertà, i ricercatori del Maryland hanno scoperto che lo sviluppo dei dendriti è collegato appunto alla diffusione della semaforina 3A. Gli scienziati hanno osservato un particolare tipo di neuroni nei topi, quelli dell’area piramidale, che coordina i vari segnali nervosi del cervello e fa da ponte tra il sistema nervoso centrale e quello periferico.

Quando la semaforina 3A si lega all’apposito recettore del neurone piramidale, ne attiva lo sviluppo dei dendriti in una determinata direzione e contemporaneamente quello degli assoni in direzione opposta, per evitare che il neurone riceva i segnali che lui stesso trasmette. La scelta della direzione da seguire non è casuale, ma funzionale al tipo di tessuto in cui il neurone si trova. Per esempio, nella corteccia cerebrale, la superficie più esterna del cervello, vi è una predominanza di prolungamenti dendritici, mentre le regioni subcorticali dove è racchiusa la materia bianca abbondano di assoni. Allo stesso tempo la semaforina ha una maggiore concentrazione proprio nelle superfici corticali. Il suo ruolo sarebbe quindi di spingere gli assoni verso l’interno, impedendone la crescita a livello della corteccia e favorendo invece lo sviluppo dei dendriti.

L’identificazione di questo meccanismo è il frutto di uno studio di tre anni e rappresenta un passo importante nella comprensione dell’attività neuro-chimica del cervello. Ma le applicazioni più attese sono quelle terapeutiche. Secondo Ghosh “a lungo termine si potrebbe anche giungere alla risoluzione di taluni disordini mentali, perché molte forme di ritardo mentale sono generate proprio da uno sviluppo difettoso dei dendriti. Se la semaforina dovesse dimostrarsi agente in causa in questi disordini, il suo valore terapeutico è senz’altro destinato a crescere”. Un’ipotesi ancora tutta da verificare, ma che lascia ben sperare. “Lavorare sui geni”, afferma Boncinelli, “è estremamente complicato, perché agiscono in fasi molto precoci della vita neonatale. Ma con una molecola ci sono maggiori possibilità di intervento”.

Infatti, modificando sperimentalmente la concentrazione di semaforina si è osservato che la sua eliminazione comporta una immediata ridisposizione spaziale dei dendriti. Ma non è tutto. La semaforina 3A è solo un anello di una catena più complessa. La sua azione infatti sembra essere legata alla concentrazione di un enzima, la “guanosina cyclase monofosfata” (cGMP). Laddove la concentrazione di cGMP è più alta la semaforina potenzia la crescita dei dendriti. Viceversa, se viene ridotta la quantità di enzima, la semaforina capovolge completamente la sua funzione e interrompe lo sviluppo dei dendriti.

L’équipe di Ghosh sta ora studiando le proprietà di altre due molecole – la semaforina 3B e 3C – che pure svolgono la funzione di attrattori o repulsori dei prolungamenti neuronali, ma le cui proprietà non sono ancora note. “Per il momento abbiamo identificato il tipo di risposta attivata dalla semaforina 3A sui neuroni piramidali”, spiega Ghosh, “ma dobbiamo ancora verificare se essa, o un suo omologo, svolga la stessa funzione anche su altri tipi di neuroni”.

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