Una bomba atomica europea?

Nel numero di Sapere dell’aprile 1994, Francesco Calogero riferiva di un progetto comune franco-italo-tedesco, che ebbe vita breve tra il 1956 e il 1958: il progetto di dotarsi di un’arma atomica. L’allora ministro della Difesa della Germania Ovest Franz Joseph Strauss nelle sue memorie riferiva addirittura di un accordo in tal senso, siglato a Roma dai tre ministri della Difesa di Francia, Germania e Italia (Chaban-Delmas, Strauss, Taviani). In attesa di un approfondimento di questo episodio storico, Giancarlo Tenaglia ha creduto opportuno contattare il senatore a vita Paolo Emilio Taviani, il quale con Strauss e Chaban-Delmas, avrebbe partecipato alla sigla dell’accordo per chiedere una testimonianza diretta in proposito.

Paolo Emilio Taviani: Avete mai sentito parlare delle “riunioni del caminetto”?

Giancarlo Tenaglia: No.

Taviani: Nel 1953 si chiuse di fatto nel modo migliore, o meno peggiore tra quelli allora possibili, la questione dei confini orientali. Per francesi, tedeschi e italiani che stavano già nella Ceca (Comunità Europea Carbone-Acciaio), si pose il problema di concentrarsi sulla razionalizzazione dell’uso delle armi, e quindi anche l’eventuale accesso ai missili e all’energia nucleare nell’ambito della comunità europea. Eravamo ministri della difesa Chaban-Delmas, Strauss e io stesso. Attivo consigliere l’ambasciatore italiano a Parigi, Quaroni. Ci incontrammo a Bonn, a Roma e a Parigi: riunioni a tre che Quaroni definì “del caminetto”.

Francesco Calogero: Strauss si riferisce ad un incontro tra i tre ministri della Difesa, appunto Chaban-Delmass, Strauss e lei, avvenuto a Roma, egli dice, il lunedì di Pasqua del 1958, in cui, egli dice, è stato firmato un protocollo d’intesa per questo progetto comune in campo nucleare militare, che prevedeva in sostanza la costruzione segreta di armi nucleari.

Taviani: Ci incontrammo in una delle sale del mio gabinetto del Ministero della Difesa e fu effettivamente realizzato un accordo in quel senso, ma ovviamente né un trattato né un testo préalable di trattato.

Calogero: L’accordo di cui si parla sembrerebbe prevedere, secondo Strauss, almeno inizialmente, la realizzazione di un impianto di separazione isotopica, con una suddivisione di spese del 45% per la Francia, il 45% per la Germania e il 10% per l’Italia. Chi ne era informato in Italia?

Taviani: Di questi colloqui era informato il Presidente del Consiglio. Il Consiglio Supremo della Difesa sapeva solo di rapporti interforze nell’ambito della Ueo, tra Italia, Francia e Germania. I colloqui erano iniziati intorno al ‘56 e se ne svolsero parecchi a Roma, a Parigi e a Bonn. L’ultimo avvenne proprio alla vigilia dell’avvento al potere di De Gaulle, e si verificò a Bonn […]. Chaban-Delmas, ministro della Difesa del governo legittimo pre-gaullista di Pflimlin, era venuto a Bonn per un incontro successivo a quello di Roma cui si riferisce Strauss. Quindi la cosa era in cantiere e stava per andare in porto: Quaroni si era recato personalmente da De Gaulle per avere la garanzia che avrebbe favorito la “bomba atomica europea” e non la “bomba atomica francese”. De Gaulle aveva assicurato Quaroni in questo senso. Negli incontri del caminetto si parlava anche di problemi plolitici in generale: ricordo una frase che Strauss ha detto a Chaban-Delmas, senza mezzi termini: che “gli americani gli avevano detto che i francesi erano folli se pensavano di farsi la bomba atomica francese da soli”. Questo lo disse Strauss con quel suo carattere schietto e piuttosto duro. La cosa non fece certo piacere a Chaban-Delmas.

Tenaglia: Quale era la posizione dei partners della Ueo: venivano a conoscenza di questi incontri paesi come l’Inghilterra e gli Stati Uniti?

Taviani: L’Inghilterra non so. Gli Stati Uniti sì, io stesso parlando con l’ambasciatore Luce ho accennato più volte a questi incontri. Avevo sottolineato che era preferibile la via della bomba europea rispetto alla bomba tedesca. […] Solamente in un secondo tempo venne coinvolto il Consiglio Supremo della Difesa. C’erano alcuni politici, ottimi democratici, che sostenevano la necessità per l’Italia di costruire una propria bomba atomica. L’opposizione netta fu mia e di Emilio Colombo, proprio decisa, di rinuncia.

Tenaglia: Con quale motivazione?

Taviani: Economica, esclusivamente economica. Cioè la rinuncia, e questo è il punto chiave, la rinuncia cosciente dell’Italia a gestire un ruolo non sostenibile: quello di grande potenza. E’ stata la linea di De Gasperi e di noi immediati successori. Non di Pacciardi che forse si illudeva… Non ce l’avremmo fatta economicamente. Noi avremmo oggi una sola autostrada, altro che complesso odierno, se avessimo aperto il capitolo dell’armamento atomico.[…]

Tenaglia: Un’ultima domanda: lei ha insistito più volte che la rinuncia all’arma atomica non è stata una questione morale. Come cattolico praticante, come vede il possesso dell’atomica, un possesso che prevede come possibile anche un suo uso?

Taviani: Io non ho detto che approvo moralmente l’atomica. Io penso che, in una situazione in cui ci sia certezza che l’avversario potrebbe usare l’atomica contro di noi, avere un’atomica possa servire da deterrente. […] Comunque per noi la questione se fare o non fare l’atomica nazionale si presentò prima di tutto come una questione economica, e come tale fu sempre risolta negativamente.

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