Una goccia nel mare

Hanno sventolato i passaporti dichiarandosi pronti a lasciare il paese in caso di ulteriore rinvio della loro assunzione. Un gesto clamoroso con il quale i 1700 ricercatori italiani vincitori di un concorso ma non ancora assunti sono riusciti a ottenere un primo risultato: un fondo di 30-40 milioni di euro che il governo ha deciso di destinare alla loro assunzione. Merito dell’appello accorato di numerosi scienziati e del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. “Ma il problema dei cosiddetti ‘ricercatori senza presa di servizio’ non è che una goccia nel mare della ricerca italiana, che necessita di un progetto di rilancio ben più articolato”, ammonisce Carlo Bernardini, fisico, professore emerito dell’Università di Roma “La Sapienza”. Gli abbiamo chiesto di spiegarci perché. Professor Bernardini, per rilanciare la ricerca italiana basterà mettere ordine nella vicenda dei ricercatori senza presa di servizio?”Altro che 1700 ricercatori: per raggiungere i livelli europei per il prossimo quinquennio serviranno almeno 50.000 nuovi ricercatori. E questi vanno pescati fra le forze fresche, tra i giovani appena usciti dal dottorato. Sono proprio loro che dovrebbero dar slancio alla ricerca, con passione e inventiva nuove”.Un impegno ben più oneroso… “La riforma della ricerca non può che essere condotta in ambito europeo. La ricerca è per definizione un’attività sovranazionale, che non può essere regolamentata dalle singole nazioni in modo completamente svincolato dal contesto internazionale. È sempre stato così, anche durante la guerra fredda, quando seppur tra mille difficoltà gli scienziati dei due blocchi non perdevano comunque l’occasione di confrontarsi. Servirebbe un vero e proprio trattato europeo, in grado di armonizzare le varie realtà nazionali e renderci realmente competitivi con gli Stati Uniti. Questo consentirebbe di alimentare il sistema nazionale con una quota fissa, che dovrebbe attestarsi almeno sul 2 per cento del prodotto interno lordo, facendo così salire quel misero 0,8 per cento che il governo italiano attualmente destina alla ricerca”.C’è però chi afferma che sia il mondo della ricerca a essere inefficiente e poco flessibile. È giusto che gli investimenti per la ricerca siano valutati sulla base dei possibili utili ricavabili?”La ricerca non deve essere vista come motore dell’economia ma anzitutto come puro fatto culturale che impiega le menti più brillanti sui problemi più complessi. I criteri aziendali sono inapplicabili al contesto della ricerca che non può che basarsi su una passione fortissima e una dedizione completa da parte di chi vi si dedica. Per quanto riguarda le inefficienze, ho detto più volte che ciò che va riformato sono le strutture e non le finalità dell’Università e degli altri enti di ricerca. Prendiamo il caso del Cnr: le inefficienze non sono certo legate al settore della ricerca, come ha sottolineato Carlo Rizzuto, consulente del ministro Moratti. Sono semmai imputabili al settore amministrativo, che è cresciuto pienamente all’interno di quel sistema che abbiamo conosciuto come spartizione partitocratrica”.C’è anche chi accusa i ricercatori di volere solo il ‘posto fisso’…”Chi parla in questi termini non sa cosa dice. L’unico modo per fare ricerca è partendo dalla sicurezza del posto, che comporta una forte assunzione di responsabilità. D’altronde così si è sempre fatto e nessuno, tra i veri scienziati, si è mai arricchito, ma ha vissuto la propria vita all’insegna della sobrietà. Basta pensare a personaggi come Vito Volterra, che ha impegnato se stesso nella ricerca, senza pretendere null’altro”. Cosa pensa della promessa del governo di inserire un fondo per l’assunzione dei ricercatori non ancora assunti?”Se il governo si limita a sanare il problema con provvedimenti una tantum, lasciando poi il destino della ricerca italiana a idee prive di senso come quella dell’Istituto Italiano di Tecnologia, che va contro il concetto base della ricerca, quello del sapere diffuso, si va inevitabilmente verso una situazione gravissima. Che i rettori protestino vivacemente, magari incatenandosi a Palazzo Chigi”.

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