Una querelle senza fine

“Diciotto anni di ricerca hanno prodotto una notevole paranoia, poca conoscenza e nessuna prevenzione. E’ ora di smetterla di buttare via le nostre risorse”. Così Edward Campion, editorialista del New England Journal of Medicine, interviene sulle pagine della prestigiosa rivista scientifica americana. E il settore dove, secondo lui, si è buttato via tempo, e presumibilmente anche molto denaro, è l’indagine sul rapporto tra campi elettromagnetici a bassa frequenza e salute umana.

La questione, più precisamente, è: l’esposizione ai campi elettromagnetici a bassa frequenza, quelli dovuti all’impianto elettrico delle nostre case o alle linee ad alta tensione, aumenta il rischio di ammalarsi di cancro oppure no? E’ dal 1979 che si tenta di rispondere a questa domanda. Da quando, cioè, due ricercatori di Denver trovarono che l’incidenza di leucemia infantile tra i bambini residenti in prossimità di linee elettriche era più che doppia rispetto a quella riscontrabile della popolazione non esposta. Va detto che qualche esperto ha sottolineato la grossolanità di quella storica ricerca. Fatto sta, comunque, che questo fu l’inizio della saga. Genitori giustamente allarmati, opinione pubblica terrorizzata dal nemico tecnologico invisibile, giornalisti scatenati alla caccia della sensazione, autorità – scientifiche e non – sguinzagliate alla ricerca di risposte e dati.

Il 1979 fu anche l’inizio della querelle. Da allora c’è chi dice che sì, i campi elettromagnetici a bassa frequenza aumentano il rischio di ammalarsi non solo di leucemia, ma anche di altre patologie tumorali o di altra natura. Chi invece, numeri alla mano, afferma che non ci sono evidenze statistiche a conferma di questa ipotesi, che, appunto, rimane solo un’ipotesi. Ma vediamo almeno due esempi del dibattito.

Feychting e Ahlbom, due ricercatori svedesi del Karolinska Institute, hanno condotto uno studio caso-controllo molto accurato, pubblicato sull’American Journal of Epidemiology nel 1993. I loro risultati indicherebbero in effetti un’associazione tra campi magnetici e leucemia infantile, anche se, affermano gli stessi autori, “rimane poco chiaro quali siano le caratteristiche dei campi coinvolte nel processo”. In ogni caso, la lontananza dalle fonti di emissione e i tempi di esposizione sono parametri fondamentali nella determinazione del rischio di cancro.

Invece, una recente ricerca americana pubblicata dal New England Journal of Medicine (l’editoriale di Campion è appunto una presentazione e un commento a questo lavoro), sembra arrivare a conclusioni opposte. Marta Linet e i suoi collaboratori del National Cancer Institute di Bethesda hanno arruolato 638 bambini affetti da leucemia linfoblastica acuta e 620 controlli per studiare gli effetti dell’esposizione ai campi elettromagnetici in casa, a scuola o negli uffici. Le conclusioni? “I nostri risultati – affermano gli autori – non supportano l’ipotesi che il rischio di leucemia linfoblastica acuta sia aumentato tra i bambini che vivono in abitazioni caratterizzate da elevati livelli medi di esposizione a campi elettromagnetici, o in case vicine a impianti di trasmissione o distribuzione dell’energia elettrica”.

Che dire, a questo punto? Probabilmente solo che è tempo di fare chiarezza una volta per tutte. L’Organizzazione mondiale della sanità ci sta provando. Proprio a questo scopo, infatti, ha avviato nel 1996 un vasto programma di studi sugli effetti sanitari dei campi magnetici. L’iniziativa, che si concluderà nel 2001, coinvolge numerosi organismi internazionali: agenzie e istituti di ricerca di tutto il mondo tra cui per esempio la Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. E la ricerca è a tutto campo. Non si indaga solo sulle eventuali forme tumorali nelle quali le radiazioni non-ionizzanti potrebbero essere coinvolte, ma anche su altre patologie, come l’Alzheimer, per esempio. Chissà che si smetta, nel 2001, di sperperare risorse e mettere fine ai dubbi e alle paranoie, per dirla con Campion.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here