Categorie: Società

Una questione di contrasto

Un gruppo di ricercatori italiani ha scoperto le cause dell’epilessia indotta da Tv e videogiochi. La notizia, apparsa su Nature Neuroscience, si riferisce a uno studio condotto da Vittorio Porciatti e Adriana Fiorentini dell’Istituto di neurofisiologia del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) di Pisa, in collaborazione con Renzo Guerrini e Paolo Bonanni dell’Istituto di neuropsichiatria infantile Stella Maris, sempre di Pisa.

L’epilessia causata da stimoli visivi, nota come epilessia fotosensibile, venne alla ribalta qualche anno fa quando circa settecento bambini giapponesi furono colpiti da attacchi epilettici di varia intensità mentre guardavano il cartone animato “Pocket Monster”. Il problema riguarda soprattutto la fascia di età che va dai 4 ai 14 anni, con un’incidenza compresa fra lo 0,5 e lo 0,8 per cento, e più le femmine i maschi. Di solito, raggiunge un picco fra gli otto e i dodici anni per poi scomparire dopo il venticinquesimo anno d’età.

Finora nessuno era riuscito a capire perché alcune radiazioni luminose potessero causare crisi epilettiche. Secondo i ricercatori pisani il motivo va ricercato in uno dei parametri fondamentali che caratterizzano un segnale visivo: il contrasto, in particolare quello bianco-nero, ovvero la differente luminanza tra le zone luminose e scure di un’immagine. Gli studiosi hanno ottenuto questo risultato sottoponendo undici persone affette da epilessia fotosensibile a stimoli visivi di varia natura. Per esempio, i volontari dovevano osservare sullo schermo di un computer dei reticoli le cui linee orizzontali apparivano a intermittenza con una frequenza fissa (tra 4 e 10 Hertz). I ricercatori variavano invece il contrasto con lo sfondo studiando la risposta dell’attività elettrica dell’area visiva primaria, che si trova nella zona occipitale del cervello. Alcuni elettrodi posti dietro il collo hanno registrato il cosiddetto Vep (Visually Evoked Potential), cioè il potenziale elettrico indotto da uno strimolo visivo.

I ricercatori hanno constatato una differenza nell’ampiezza del Vep: mentre nei soggetti sani, una volta raggiunto un contrasto bianco-nero di circa il 20 per cento, essa rimane costante, in quelli colpiti da epilessia fotosensibile l’ampiezza aumenta notevolmente all’acuirsi del contrasto. Questo fenomeno causerebbe un’ipereccitabilità delle cellule nervose, con scariche simultanee ed eccessive dei neuroni cerebrali che possono portare alla crisi. Come spiega Adriana Fiorentini, la risposta anomala può significare l’assenza del “meccanismo di controllo del guadagno del contrasto”, cioè il sistema di autodifesa che evita risposte incontrollate a stimoli troppo intensi. In compenso, anche nei soggetti epilettici la risposta ai contrasti cromatici non differiva in modo significativo dalla norma. Questo perché, continua la Fiorentini, “è molto difficile ottenere forti contrasti fra rosso e verde, che sono i due colori più specificamente discriminati nella visione dell’uomo”.

Per capire allora perché i videogiochi e la televisione sono pericolosi per chi soffre di epilessia fotosensibile bisogna considerare che una scena televisiva presenta una distribuzione di contrasti in continua mutazione: quando il contrasto e le frequenze temporali sono quelle critiche è possibile che si scateni un attacco. Ciò che conta è la componente di chiaroscuro che serve a formare un’immagine a colori.

Lo studio dei ricercatori italiani, oltre a dare nuove indicazioni per la produzione di farmaci che inibiscano la ipereccitabilità della corteccia cerebrale, consente di individuare i parametri di un’immagine che possono essere modificati per ridurre il rischio di crisi epilettiche. Gli ideatori di videogiochi, per esempio, potrebbero così evitare prodotti con stimoli fortemente modulati in contrasto.

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