Una storia positiva

L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare è uno dei centri di ricerca più importanti per la fisica italiana, in particolare per lo studio delle particelle. Fondato a Roma nel 1951, l’ente è organizzato oggi in 27 sezioni e gruppi universitari e dispone di quattro laboratori nazionali. L’Infn ha circa 4.000 dipendenti, dei quali quasi la metà ricercatori e tecnologi accademici, e contribuisce alla formazione e alle attività di ricerca di mille giovani, tra studenti e borsisti. Una peculiarità di questo ente è la stretta partecipazione degli scienziati al complesso delle attività e delle scelte dell’istituto, che dunque è animato da un ampio dibattito interno. Un caso di “gestione partecipata” sul quale Galileo ha raccolto la testimonianza di Enzo Iarocci, presidente dell’Infn dal 1998.L’esiguità dei fondi pubblici per la ricerca previsti dal governo nella finanziaria ha fatto gridare da più parti allo scandalo. Soprattutto per quanto riguarda la ricerca di base…”Tutti concordano sul fatto che la ricerca fondamentale è il motore di un Paese moderno. Tuttavia essa è per sua natura scarsamente prevedibile e i suoi risultati sono distribuiti su tempi lunghi. E nei momenti di difficoltà economica come quello che stiamo vivendo, si tende ad avere una minore sensibilità per questo tipo di studi. Però spesso cercare un vantaggio immediato provoca disastri nel prossimo futuro. Spero che la legge finanziaria possa correggere la cronica debolezza del sistema della ricerca pubblica italiana: i propositi di tutti i governi, incluso quello attuale, sono sempre stati di risolverla”.Prevedete tagli al bilancio dell’ente?”Dal punto di vista del bilancio, ci troviamo di fronte ai tagli generali che riguardano tutti gli enti pubblici. Se la Finanziaria non dovesse cambiare, la nostra sofferenza maggiore sarebbe sul fronte delle risorse umane. Subiamo molto il blocco delle assunzioni. In questo senso, auspico una deroga sia per le università che per gli enti di ricerca”.Si vocifera dell’intenzione del governo di riformare il sistema pubblico della ricerca. Siete preoccupati per il futuro dell’ente?”L’istituto non ha subito grandi modifiche nel precedente ciclo di riforme, quello degli anni Novanta. E anche oggi non sembra che ci siano grandi problemi. Abbiamo sempre dato buona prova organizzativa e ottimi risultati scientifici”.L’Infn è considerato un valido esempio di partecipazione degli scienziati alla gestione e alle scelte di un ente di ricerca. Come valuta questa esperienza? “È molto diffusa una profonda diffidenza istituzionale per ogni tipo di gestione che preveda l’intervento significativo della base. La nostra esperienza invece si basa su ottimi risultati e su una tradizione consolidata: noi pensiamo che l’istituto continui a vivere in un equilibrio ottimale tra l’intervento della comunità scientifica di base su tutti gli aspetti, inclusi quelli gestionali e amministrativi (bottom-up), e l’attività del vertice (top-down). Penso con ammirazione ai fondatori dell’istituto che hanno immaginato e posto le basi per questo genere di organizzazione. Essi hanno lasciato però un ampio margine di flessibilità che ha consentito l’evoluzione e lo sviluppo delle pratiche positive. La nostra è, quindi, una storia positiva”.Potrebbe essere un modello per gli enti pubblici di ricerca? “Ho un pregiudizio: se non c’è questa attività dal basso verso l’alto, ‘bottom-up’, un istituto non può funzionare bene. Chiaramente però ci vuole un equilibrio. La storia di ogni ente è importante: fare riforme per decreto è molto difficile”.Cosa pensa della tendenza generale alla precarizzazione del lavoro di ricerca?”Non va bene: crea problemi di funzionalità sul lungo periodo. L’Infn in generale non incoraggia questo tipo di contratto e cerchiamo di ridurre il precariato, fisiologico solo in tempi di crisi e per un periodo di tempo limitato”.L’Infn si caratterizza anche per le collaborazioni internazionali. Quali sono le più importanti?”Il 90 per cento della nostra attività si svolge a livello internazionale. Innanzitutto siamo presenti nelle grandi strutture sedi degli acceleratori di particelle come il Cern di Ginevra, il Fermi Lab a Chicago, in laboratori a San Francisco, Amburgo, ecc. La tecnologia e la gestione degli acceleratori ha determinato questa forte concentrazione internazionale. Però oggi si sta sviluppando un altro settore molto innovativo, una sorta di ritorno alle origini: la fisica astroparticellare, condotta senza acceleratori, che studia le particelle prodotte dalla radiazione naturale, i raggi cosmici. In questo settore siamo all’avanguardia nel mondo, soprattutto con il laboratorio del Gran Sasso, un grande centro sotterraneo dedito essenzialmente allo studio dei neutrini. Abbiamo poi un grande interferometro per le onde gravitazionali che sta entrando in funzione a Cascina, vicino Pisa, in collaborazione con la Francia. Abbiamo costruito un osservatorio di gamma-astronomia delle alte energie in Tibet (una collaborazione sino-italiana), dove l’alta quota consente un’ottima rivelazione delle onde gamma. Il prossimo futuro è la neutrinoastronomia”.Con il progetto Nemo?”Sì. Costruiremo un grande rivelatore di neutrini negli abissi marini. L’idea è di sfruttare le grandi profondità per rilevare meglio queste particelle particolarissime. Per ora abbiamo realizzato un progetto pilota, sempre con la Francia, al largo di Tolone. Ma pensiamo che il sito migliore dove costruire quest’apparecchiatura, un cubo di 1000 metri di lato, è a 80 chilometri a sud-est di Capo Passero, in Sicilia, a 3.500 metri di profondità. In realtà oltre al mare sfrutteremo come filtro tutta la Terra: per guardare il cielo siamo costretti a guardare sotto di noi, verso i nostri antipodi”.I laboratori Infn del Gran Sasso hanno suscitato critiche da parte degli ambientalisti. A questo si è aggiunto l’incidente dell’estate scorsa che ha provocato l’inquinamento delle falde acquifere della zona. Recentemente sono stati inviati otto avvisi di garanzia, uno anche al direttore Bettini. Come stanno andando le cose?”È stato un episodio molto spiacevole, anche se di portata limitata. Speriamo che la cosa si risolva positivamente e che non danneggi l’attività di ricerca. L’incidente ha provocato tra l’altro il sequestro giudiziario di tutto l’apparato sperimentale. La comunità scientifica internazionale aspetta i risultati dell’esperimento Borexino, che dovrebbe analizzare la struttura energetica dei neutrini solari. Oggi le attività del laboratorio non sono ferme, anche se ovviamente non possono riguardare la sostanza e le strutture dove si è creato l’incidente. Il danno più grave è stato l’allarme e la crisi di fiducia delle comunità locali, che però stiamo cercando di recuperare”.In che modo?”Abbiamo organizzato una giornata di discussione con le popolazioni e con gli enti locali. Abbiamo deciso di affrontare tutti insieme la sicurezza complessiva del “Sistema Gran Sasso”: il laboratorio, l’autostrada e il sistema acquifero. Abbiamo quindi costituito un Comitato di personalità straniere, lontane da eventuali condizionamenti, esperti nelle questioni strutturali e idrogeologiche, in grado di dare una valutazione dell’esistente e consigli per il futuro. Speriamo di riuscire a soddisfare tutti gli interessati: scienziati, popolazioni e utenti dell’autostrada”.

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