Una tragedia dimenticata

Quasi un milione di persone uccise in cento giorni alla luce del sole. Basterebbe questo a definire il genocidio del Ruanda come uno degli orrori più efferati della storia moderna, generato dall’odio tra la minoranza tutsi e la maggioranza hutu. Se poi a ciò si aggiunge l’abbandono in cui il paese fu lasciato dal mondo intero, in primo luogo dalle Nazioni Unite, è impossibile non provare un forte senso di vergogna dopo aver assistito al film “Hotel Rwanda”, nelle sale cinematografiche dall’11 marzo con il patrocinio della sezione italiana di Amnesty International.

L’opera, ben diretta dal britannico Terry George e vincitrice del premio “Stanley Kramer” su cinema e diritti umani, racconta, dopo undici anni, la tragedia del Ruanda attraverso la vera storia di Paul Rusesabagina, un hutu sposato con una tutsi e direttore del migliore hotel di Kigali, che riuscì a portare in salvo circa 1200 persone di entrambe le etnie. Il racconto inizia alla vigilia del conflitto tra le strade chiassose della capitale, dove la macchina del protagonista, l’attore Don Cheadle, si ritrova nel bel mezzo di un corteo delle milizie hutu. A fare da sottofondo è la stazione radiofonica Rtml, che sparge veleno sui tutsi incitando gli hutu all’odio e facendo presagire quello che sarebbe successo di lì a poco. L’indomani, infatti, le milizie prendono il potere con un colpo di stato, ed è l’inferno.

Il regista non mostra mai gli squadroni della morte all’opera, per evitare di cadere in particolari raccapriccianti, ma riesce a comunicare ugualmente la follia di quei giorni. Attraverso i machete alzati al cielo o fatti risuonare trascinandone le punte sull’asfalto, attraverso le urla disperate della gente, inquadrando una strada coperta da un manto di cadaveri. E soprattutto attraverso la vicenda di Paul, che trova riparo per la sua famiglia e per molte altre persone all’Hôtel des Mille Collines di Kigali, dove lavora, facendole passare per clienti o impiegati, e corrompendo, chiedendo favori e guadagnando tempo riesce a proteggerli.

Ma a dominare il film è il senso di abbandono. Per tutto il corso della tragedia, infatti, a Kigali non si registra alcun intervento internazionale, nessuna spedizione, nessuna coalizione di volenterosi né troupe di giornalisti. La comunità internazionale ha preferito chiudere gli occhi. L’impotenza dell’Onu è rappresentata dall’ufficiale dei caschi blu Nick Nolte, al quale spetta l’ingrato compito di comunicare ai ruandesi bloccati nell’albergo dai combattimenti che l’intervento dei militari avrebbe evacuato solo gli occidentali, compresi i giornalisti, abbandonando tutti gli altri al loro destino. Il film, però, si conclude con un lieto fine: il protagonista e gli altri vengono portati in salvo. Oggi Paul Rusesabagina vive in Belgio con la famiglia e le due nipoti rimaste orfane nel conflitto. La sua storia, semplice ed eroica, è un atto di accusa verso l’inettitudine della comunità internazionale. Che ora, come allora, assiste impotente alle tragedie che si consumano ancora, in paesi come il Sudan e il Congo.

Regia di Terry George

Hotel Rwanda

Coproduzione Gran Bretagna, Sudafrica e Italia 2004

Distribuzione Mikado

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