Una vagina biotech

Si chiama sindrome di Mayer-Rokitansky-Küster-Hauser ed è una rara condizione, congenita, per cui le donne che ne sono affette hanno malformazioni e sviluppo alterato del proprio apparato riproduttivo, compresa l’assenza del canale vaginale. Colpisce circa una persona su 5mila e, oltre a rendere impossibili mestruazioni e penetrazione, la malattia ha un grande impatto sulla psicologia di chi ne è affetta. Accanto alle limitate terapie oggi disponibili per ristabilire il canale della vagina, oggi arriva anche la promessa dei ricercatori guidati da Anthony Atala della Wake Forest School of Medicine (North Carolina), che su Lancet presentano i risultati di uno studio pilota condotto in quattro donne affette dalla sindrome. In queste pazienti i ricercatori sono stati in grado di trapiantare vagine cresciute in laboratorio a partire dalle cellule delle stesse donne.

Per ricostruire il canale vaginale i ricercatori hanno prelevato una piccola parte della vulva (la porzione più esterna dei genitali femminili) da cui hanno ricavato cellule poste poi in coltura in laboratorio ( i metodi finora usati usavano altri tipi di cellule, come quelle della pelle o dell’intestino ma avevano non poche complicazioni, quali l’assenza di lubrificazione ed eccessive secrezioni di muco). Dopo aver ottenuto abbastanza cellule (epiteliali e muscolari), gli scienziati le hanno disposte accuratamente intorno a un’impalcatura biodegradabile (costituita da matrice di collagene), ciascuna costruito in base all’anatomia di ogni paziente. L’organo artificiale è stato quindi fatto maturare all’interno di un incubatore e infine trapiantato nelle pazienti, che per sei settimane hanno tenuto uno stent per assicurare che la nuova anatomia vaginale venisse mantenuta.

A sei mesi dall’intervento la vagina delle pazienti era completamente sviluppata, permettendo loro anche di avere normali rapporti sessuali e mestruazioni (due delle pazienti avevano un utero funzionante). Il follow up – da quattro a otto anni per alcuni casi – ha inoltre mostrato che gli effetti si mantenevano a lungo. “Mi sento veramente fortunata”, scrive New Scientist riferendo l’entusiasmo di una delle pazienti, in forma anonima, “perché avrò una vita normale, del tutto normale. È importante far sì che altre ragazze che hanno lo stesso problema sappiano che non è la fine sapere di avere la malattia, perché un trattamento c’è”.

Via: Wired.it

Credits immagine: YouTube

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here