Categorie: Società

Un’ipoteca sulla salute

Il dato è tutt’altro che incoraggiante: tre sportivi su cento. Questa la percentuale degli atleti di tutte le Federazioni aderenti al Comitato Olimpico Nazionale Italiano (Coni) che sono risultati positivi agli esami condotti nel 2003 dalla Commissione per la vigilanza e il controllo sul doping. I risultati sono stati presentati lo scorso 19 dicembre a Roma presso l’Istituto Superiore di Sanità (Iss). “Pur tenendo conto che per alcune federazioni gli atleti controllati (in tutto 735 sportivi “esaminati” ndr.) sono stati pochi”, afferma Giovanni Zotta, presidente della Commissione, istituita nel 2000 presso il Ministero della Salute, “le percentuali di positività sono preoccupanti”. I controlli antidoping, infatti, effettuati dal Coni e dalle Federazioni sportive nazionali negli anni 2000, 2001 e 2002 hanno dato percentuali di positività rispettivamente dello 0,9, dello 0,8 e dello 0,6 per cento. Nella classifica delle Federazioni più “positive” il primo posto è occupato dal Triathlon (50 per cento), seguita da quella di Pesistica e Cultura Fisica (25 per cento). Medaglia di bronzo ex-aequo, invece, per lo Squash e il Tiro al Volo (12,5 per cento). “Da sottolineare”, spiega Piergiorgio Zuccaro, responsabile dell’Osservatorio Fumo, Alcol e Droga dell’Iss, “che quando si parla di positività non si tratta necessariamente di doping. In alcuni casi ci possono essere dei valori sfalsati naturalmente”.Tra le sostanze utilizzate dagli atleti quelle più riscontrate sono state gli stimolanti (Efedrina, Pseudoefedrina, Benzoilecgonina, Fenmetrazina, Fendimetrazina) e gli anabolizzanti (Epitestosterone, Norandrosterone, Noreticolanolone, Stanozolo). “Anche l’uso dei diuretici è molto diffusa”, prosegue Zuccaro. Due le ragioni: per modificare il peso corporeo quando costituisce un fattore determinante per l’appartenenza a una certa categoria di competitori; ma soprattutto per accorciare i tempi di eliminazione di sostanze dopanti, oppure per diluirle e renderne così difficile il riscontro nell’urina. “Il prossimo obiettivo della Commissione”, dice Zuccaro, “sarà quello di cercare di abbinare una sostanza dopante a uno sport, per vedere se alcuni farmaci sono più usati da un tipo di atleta rispetto a un altro”.Intanto il doping prosegue la sua marcia. E presto arriverà anche alla genetica. In molti laboratori, infatti, si conducono esperimenti per creare muscoli capaci di resistere a qualsiasi sforzo fisico. Gli esperti del settore valutano che per le Olimpiadi di Pechino del 2008 potrebbero arrivare i primi “atleti da laboratorio”. Proprio per questo timore nella lista delle pratiche dopanti sono finite anche le manipolazioni genetiche.A livello politico e normativo, comunque, la Commissione sta ottenendo buoni risultati. Primo fra tutti un decreto legge del 24 settembre 2003 che obbliga le aziende farmaceutiche a mettere un contrassegno sulle confezioni dei medicinali che possono dare positività ai controlli antidoping. Una norma che però da sola non può bastare. Negli spogliatoi sportivi, infatti, girano anche farmaci non vietati per doping, ma utilizzati per scopi diversi da quelli autorizzati e gli integratori. “Quest’ultimi”, spiega Luciano Caprino, ordinario di Farmacologia dell’Università “La Sapienza” di Roma e vice-presidente della Commissione, “sono facilmente reperibili sul mercato in quanto presenti non solo sui banchi delle farmacie, ma anche sugli scaffali dei supermercati, perché non considerati medicinali”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, tuttavia, ha dichiarato sulle pagine del Journal of the American Medical Association, che “gli integratori dovrebbero essere considerati a tutti gli effetti medicamenti e conseguentemente dovrebbero essere disponibili prove adeguate sulla loro validità”.”Il vero problema, comunque”, conclude Zuccaro, “resta la scarsa informazione degli atleti sulle possibili conseguenze negative per la salute del doping”. “Nel calcio, per esempio”, gli fa eco Carlo Tranquilli, medico della Nazionale di calcio Under 21, “i medici che non concedono l’uso di integratori non sono visti di buon occhio. È molto difficile spiegare quali siano le conseguenze”.

Nicola Nosengo

Scrittore e giornalista. Dopo essersi laureato in Scienze della Comunicazione all'Università di Siena ed aver frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste, si dedica al giornalismo scientifico, scrivendo articoli sulla tecnologia, sulle neuroscienze e sulla medicina. Pubblica nel 2003 il suo primo lavoro L'estinzione dei tecnosauri, in cui parla di tutte le tecnologie che non sono sopravvissute allo scorrere del tempo. Attualmente tiene una rubrica mensile sulla rivista Wired dedicata allo stesso tema.Tra il 2003 e il 2007 collabora con diverse redazioni come L'espresso, La Stampa, Le Scienze, oltre che aver partecipato alla realizzazione dell'Enciclopedia Treccani dei Ragazzi.Nel 2009 ha pubblicato, con Daniela Cipolloni, il suo secondo libro, Compagno Darwin, sulle interpretazioni politiche della teoria dell'evoluzione.

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